Il Commissario Straodinario annuncia la riorganizzazione a suon di privatizzazione e tagli ai lavoratori precari, eppure abusi come quello di Maria Teresa Letta restano tuttora impuniti. Ha l’ambizioso progetto di riorganizzare la Croce Rossa Italiana Francesco Rocca, un avvocato non il calciatore romanista, che dal novembre 2008 è il Commissario straordinario della pluricentenaria associazione. Dichiara d’aver lavorato sodo mese dopo mese, riordinando bilanci fermi al 2005 e ora, confortato dal disegno di legge 1167 che nell’ottobre scorso ha ricevuto il via libera dal Parlamento, lancia orgoglioso un’esortazione “alle persone serie che non vogliono far tornare le cose come prima”. Prima le cose per la Croce Rossa erano zeppe di magagne, gestioni allegre trasversali che coinvolgono esponenti di centrosinistra e centrodestra con punte di straordinario personalismo durante l’esercizio di Maurizio Scelli. L’attuale onorevole del Pdl fu accusato da più parti per avere non solo tradito la neutralità dell’ente ponendo la missione umanitaria in Iraq sotto la bandiera a stelle e strisce, ma per essersi servito dell’incarico in Croce Rossa nella successiva personale carriera politica. Il passato, che è ancora misterioso presente, sono anche i beni immobili CRI (donazioni di soci) esaminati da una puntata televisiva di Report in base alle denunce di funzionari che sono stati trasferiti proprio a causa delle rivelazioni sul patrimonio immobiliare sommerso. Oppure osteggiati per i contrasti coi famigli di potentati dell’attuale governo collocati in ruoli manageriali. Il presente e il futuro che il Commissario Rocca prospetta, e propaganda con un video caricato pure su You Tube, riguardano l’organizzazione del volontariato e la sua rappresentanza. Lui agogna “la privatizzazione dei Comitati locali per essere incisivi ed efficaci sul territorio attraverso un’organizzazione snella. Avere la possibilità di far decadere i Consigli eletti attraverso la sfiducia degli elettori, mentre un tempo il Presidente locale era blindato. Prefigura che “attraverso istituti di democrazia diretta sarà possibile azzerare il Presidente che non risponde alle aspettative dei soci”.
Alla Presidente del CRI abruzzese Maria Teresa Letta, sorella del sottosegretario Gianni da due anni in conflitto col maresciallo Lo Zito che l’accusa di gravissimi illeciti amministrativi, dovrebbero tremare i polsi. Ma pare non sia così. Il Commissario desidera anche far piazza pulita delle clientele che partiti e certi sindacati praticano con assunzioni pilotate. Eppure la sua vis risanatoria rischia di falciare anche servizi e figure professionali necessari al sistema di primo soccorso cui la Croce Rossa presta uomini e mezzi. Lo denuncia il sindacato Usb che ha lanciato l’allarme su quanto si prospetta nella capitale dove, ad esempio, tre storici ambulatori pubblici che fornivano assistenza gratuita ai cittadini nei popolari quartieri di Tiburtino, Prenestino e Ostiense chiuderanno. Infatti è previsto il licenziamento o il non rinnovo di contratto per operatori che dopo anni di servizio risultano tuttora precari. Solidali alla cura Rocca la Direzione Generale e diversi Direttori di Comitati locali CRI. Ma quella sigla sindacale non ci sta e prospetta prossime agitazioni anche perché afferma Francesco Spataro “Il Commissario aggira la legge 104/92, attua una mobilità selvaggia dei lavoratori senza accordarsi con le parti sociali, non rispetta le relazioni sindacali e viola le previsioni del testo unico 81/2008 che concernono salute e sicurezza nei posti di lavoro. In più prova a mettere un bavaglio a dipendenti e soci attraverso un sedicente Codice Etico”. Attorno a questo Codice che vieta agli appartenenti – volontari e dipendenti – della Croce Rossa di rilasciare dichiarazioni a soggetti terzi sulle strutture dell’associazione pena sanzioni disciplinari, alcuni parlamentari dell’Italia dei Valori hanno presentato nel mese di novembre interrogazioni ai ministri della Salute e della Difesa, denunciando come simili norme limitino la stessa attività sindacale. Il malcontento del personale precario è legato anche alla giungla contrattualistica in atto. Dice una lavoratrice che preferisce conservare l’anonimato perché già colpita dalla censura del proprio dirigente “Prendiamo il caso degli operatori del 118 esternalizzati e finiti nei distaccamenti CRI, costoro hanno un contratto ibrido per metà afferente alla Croce Rossa, per un’altra metà sancito dagli accordi della Sanità, di ciascuna viene presa la parte più favorevole all’azienda e il lavoratore si trova comunque svantaggiato. Il guaio è che questi contratti sono caldeggiati dalle sigle sindacali maggioritarie Cisl e Uil, e la Cgil in troppi casi s’accoda. Quello che sta facendo Marchionne a Pomigliano e Mirafiori le fasce del lavoro debole lo vivono sulla pelle da anni”. Aggiunge “Nei punti nevralgici che sono le ambulanze o i presidi sanitari siamo perennemente sotto organico e subiamo il ricatto dell’inquadramento. Quasi tutti siamo bloccati nell’area A2, con una retribuzione di circa mille euro mensili, pur avendo qualifiche professionali da area B cui spetterebbero stipendi superiori”.
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