Sono Rossano Alberto Rosso.
Ho servito e servo la Croce Rossa Italiana in vari ruoli: dal 1957 come
socio; dal 1980 come dipendente militare e civile. Sono recentemente
andato in pensione. Mi sento in dovere sia come socio di questa
Associazione, che come dirigente sindacale, di portare a conoscenza di
chi tiene ed ama l’Idea che in Italia è rappresentata ed organizzata
nella Croce Rossa Italiana, alcuni pensieri che non posso più trattenere
nel mio intimo.
Per molti sono il Comandante
Rosso, il papà degli OPSA e delle altre attività speciali (per qualcuno,
è bene segnalare che prima di servire in Croce Rossa ero un ardito
incursore della Marina Militare Italiana, da cui mi derivano determinate
ampie competenze). Sono anche il funzionario della CRI che di recente è
stato condannato dal Tribunale dell’Aquila per appropriazione indebita
in quanto, in nome e per conto della Croce Rossa Italiana, mi sarei
appropriato di medicinali veterinari per il valore di 2.500 € ovviamente
cosa non vera ma già utilizzata dalla “squadra di governo dell’Ente per
screditarmi”; non tratterò oltre questo argomento, in quanto è in corso
l’appello. Chi volesse acquisire ulteriori notizie sul sottoscritto o
togliersi qualche curiosità, può cercare su internet.
Come avviene ciclicamente da
decenni, nel 2012 torna in auge la “riforma della Croce Rossa Italiana”,
Associazione di cui non è necessario approfondire storia e importanza.
Ma facciamo un passo indietro. Il
Governo della Repubblica Italiana, con la superficialità che lo
caratterizza da quando al potere sono saliti i sessantottini, individua
un inaccettabile consumo di denaro e di risorse economiche in capo ad un
ente pubblico privo di una specifica delega operativa alle dipendenze
politiche del governo stesso.
La Croce Rossa Italiana entra nel
mirino dello Stato come ente da “chiudere” in quanto consumatore di
denaro così da ottemperare sia alle promesse elettorali che alle
indicazioni dell’Europa.
Per portare a termine questo compito viene selezionato l’avvocato Francesco Rocca, giovane “rampante”, nonché uomo “di destra”.
La storia CRI dell’avv. Rocca
inizia anni addietro, come candidato a direttore generale, poi
accantonato dall’allora Presidente Nazionale e/o dal Governo che invece
lo investono della reggenza di uno dei vari dipartimenti della CRI
(ottima idea! In quella posizione, l’avvocato Rocca accumula un ingente
tesoretto di informazioni preziose per le successive operazioni di
revisione/demolizione).
Dopo una breve parentesi al
Comune di Roma, dove Rocca viene trasferito “d’ufficio a domanda” dai
politici in carica, il cursus honorum di Croce Rossa del nostro
prosegue.
Quando il Governo sancisce il
commissariamento dell’ente C.R.I., Rocca, guarda il caso, vi ritorna, ma
stavolta in qualità di Commissario Straordinario (nazionale).
Mandato di Rocca: “eliminazione totale delle spese per la C.R.I.”.
La contestuale nomina a direttore
generale della (vera o presunta tale) artefice della privatizzazione
dell’ente Nazionale per i Tumori, tale dottoressa Patrizia Ravaioli,
fuga ogni dubbio sulle le effettive intenzioni del governo circa le
sorti della C.R.I..
Lo zelo e la fedeltà
dell’avvocato Rocca alla missione (impossibile?) affidatagli sono ormai
facilmente valutabili alla luce di una serie di azioni ed atteggiamenti
che propongo di seguito, senza pretesa di esaustività.
Smantellamento del Corpo Militare:
attacco diretto all’immagine del
personale del Corpo, blocco delle attività, annichilimento del personale
e tutta una serie di azioni svolte in modo sportivo ed arbitrario per
ridurre ed anzi sfaldare la compattezza del personale del Corpo ed, in
particolare, ostracizzare il pluriqualificato personale in congedo.
Ripristino, da un lato, di quella
nomenclatura che guarda al Corpo Militare come la branca di una forza
armata, e dall’altro, allontanamento di quel personale militare che
“sente” il Corpo Militare come parte integrante della C.R.I..
Ciò allo scopo precipuo di creare
separazione tra i volontari militari da un lato e tutti gli altri
volontari dall’altro, evidenziando, tra l’altro, solo le negatività del
personale militare dipendente incaricato di compiti civili di istituto.
Azione mitigata solo da alcuni interventi da parte del Ministero della
Difesa.
Neutralizzazione del Corpo delle Infermiere Volontarie:
azione analoga a quella svolta
per il C.M., ma diversamente approfondita in quanto la reazione da parte
delle IIVV è stata immediata e massiccia ed inoltre la componente
bersaglio è numericamente inferiore rispetto al C.M. ed a tutte le
altre.
Anche in questo caso sono state
svolte azioni tese prevalentemente ad allontanare dal Corpo delle II.VV.
le persone giovani ed operative, così da ridurre l’importanza e
l’attualità stessa del Corpo.
Imbavagliamento del Personale dipendente:
emarginazione del patrimonio
direttivo dell’Associazione estromettendo e sostituendo anziani
dirigenti profondi conoscitori dell’ente con giovani appena transitati
al livello corrispondente (facilmente manipolabili) e con soggetti
provenienti da enti locali ed altri enti pubblici. Demotivazione ed
emarginazione dei cosiddetti “senatori”, quei dipendenti anziani
profondi conoscitori dell’Associazione che avrebbero potuto contribuire
“seriamente” ad una riforma e non ad una liquidazione. Smantellamento
diretto e/o indiretto di attività di eccellenza nel settore sanitario
socio-sanitario e dell’emergenza.
Ipnotizzazione dei Volontari, del Soccorso, Donatori di Sangue, Sezione Femminile, Pionieri:
demagogica e sistematicamente
condotta strategia di “imbonimento” per convincerli che ogni sua
iniziativa è esclusivamente animata da un nobile intento: “ridare la CRI
ai volontari” quali unici titolari e proprietari.
Alcune delle tattiche utilizzate per costruire la suddetta immagine benemerita:
- I giovani vengono
misteriosamente posizionati fuori dal commissariamento e graziati del
privilegio di una gestione autonoma e democratica. Quale migliore
strategia per evitare di ritrovarsi con dei giovani che protestano? E
ancora, massima cura nel soddisfare, o mostrare di soddisfare, tutte le
loro aspirazioni; creandosi un velo di “verginità” con gli organismi
internazionali;
- Inserimento di non-Volontari ai
vertici della componente VdS e assegnazione agli stessi di tutte le
attività di rilievo senza tener conto delle professionalità e di
eventuali danni per l’ente; un esempio per tutti: i soccorsi speciali,
un tempo attività di livello altissimo e immagine prestigiosa, sono oggi
affidati a personaggi che palesemente non dispongono di provate
capacità professionali di eccellenza; tutti i professionisti del
settore, anche se volontari, sono stati emarginati con l’evidente
obiettivo di ridurre l’efficacia e di conseguenza l’immagine della
C.R.I.;
- esternalizzazione di aspetti
formativi tradizionalmente vanto e prerogativa della Croce Rossa con la
conseguente perdita del know how interno e soffocamento di molte
attività che trovavano un riconoscimento normativo esterno;
- deliberato e sistematico
“sterminio” di tutti i “personaggi” rilevanti a livello culturale e
politico, nonché ferventi soci dell’Associazione.
Tutto ciò per abbattere
l’immagine pubblica dell’Associazione, per impedire alle organizzazioni
sindacali e agli organi di rappresentanza, di difendere lo status di
ente pubblico dell’Associazione, per innalzare un
muro tra le istanze del personale dipendente e quelle del personale volontario, così che non vi sia un fronte unico e compatto.
Ritengo che i volontari in
possesso di una discreta conoscenza dell’Associazione e del mondo della
Croce Rossa a livello pubblico nazionale ed internazionale possano
agevolmente rendersi conto che perdere totalmente lo status pubblico è
un danno irreversibile al loro volontariato.
Non è vero che negli altri paesi
la Croce Rossa è privata, non tutti i paesi dispongono di leggi che
identificano l’ente pubblico che è una categoria giuridica squisitamente
italiana.
Non è vero, come surrettiziamente
e abbondantemente divulgato, che negli altri paesi la Croce Rossa non
dispone di personale inquadrato come la forza armata per operare a
fianco della stessa; piuttosto gli altri paesi, rispetto al nostro, non
dispongono di un’unica normativa. Nella nostra normativa le stellette
asseverano il personale allo status militare, ma questo è infine ben
altro dall’essere Forza Armata (si vedano le Convenzioni di Ginevra).
Non è vero che gli organismi
internazionali della Croce Rossa hanno intimato che la C.R.I. cessi di
essere quanto prima un ente pubblico; hanno semplicemente preteso che la
C.R.I. non perda la sua indipendenza e che non venga arbitrariamente
commissariata per ragioni politiche. Anzi nella recente Conferenza
Internazionale del Movimento della Croce e Mezzaluna Rossa le Società
Nazionali sono state invitate a ricercare sempre di più lo status di
ausiliarietà ai pubblici poteri e servizi.
Sfugge anche alla nostra
competenza la ragione giuridica precipua che ha portato il Consiglio di
Stato ad esprimere un parere che dichiara il patrimonio dell’ente Croce
Rossa Italiana “non pubblico”, parere la cui logica conseguenza è che la
Croce Rossa Italiana oggi non è affatto un ente pubblico, ma bensì un
ente speciale. Un ente speciale che gode, per certe funzioni quali come
la gestione del personale, la gestione amministrativa, ecc. delle
prerogative di un ente pubblico, ma che ente pubblico non è! E quindi il
Governo non può “svendere” il patrimonio della C.R.I. per “aggiustare” i
danni creati dai vari commissari nominati dal Governo stesso!
E questo parere forse ci indica
l’essenza della vera strada da percorrere, un percorso peraltro già
tracciato nelle norme di legge che hanno preceduto queste ultime:
Un ente CRI con un contratto
specifico per il personale civile (come i Vigili del Fuoco) che non sia
legato ad alcun altro contratto collettivo di lavoro/o comparto legato
ad una pianta organica tabellare di cui una parte sempre in tabella
organica di status militare per i Servizi di Mobilitazione, con
un’amministrazione mista, dove la periferia venga gestita in modalità
privatistica e le parti regionali e centrali con funzioni pubbliche e di
controllo, vale a dire il controllo sia sull’amministrazione periferica
che sull’eventuale gestione di fondi pubblici.
Certo è, che se si lascia “mano
libera” ad un giovane rampante che cerca un futuro politico, la Croce
Rossa Italiana verrà sacrificata sull’altare quale offerta votiva per
tale aspirante al successo.
Sarà forse il caso che il futuro
della Croce Rossa Italiana venga, almeno per tentativo, tracciato da
tutti coloro che sono la Croce Rossa Italiana. Certamente una
commissione che veda tutti rappresentati, formulerebbe soluzioni
equilibrate e giuridicamente corrette, nonché di pubblico interesse.
Rossano Alberto Rosso