Considerato che pare siano molto pochi coloro i quali hanno realmente e concretamente compreso il contenuto del c.d. "Codice etico e di condotta 2010", che tutti gli appartenenti (dipendenti e volontari) della Croce Rossa Italiana sono costretti in questo periodo a firmare, ho deciso di rendere pubblici i motivi per i quali io, tale codice, non lo firmerò, o quanto meno non lo sottoscriverò interamente. Se mi sarà concesso, infatti, escluderò espressamente le lettere K, L ed M, dell'art. 15.
Il testo integrale del suddetto Codice può essere letto a questo link: (CLICCA )
Qui di seguito, i motivi per cui le suindicate lettere dell'art. 15 sono a mio parere non sottoscrivibili.
Per quanto concerne la lettera K,
la formulazione della stessa, sotto un primo profilo, risulta eccessivamente ambigua mancando di determinatezza: non è infatti dato sapere quali siano i limiti del divieto in essa contenuto, visto che non è specificato se il divieto stesso sussiste solo con riferimento agli articoli o testi pubblicati a firma CRI, ovvero a tutti quei testi (anche p.es. una semplice 'nota' su Facebook) con cui il singolo appartenente CRI intenda esprimere il suo semplice parere su tecniche, prassi, regolamenti ed organizzazione della CRI stessa, stimolando il dibattito ed eventualmente la critica; sotto un secondo profilo, strettamente collegato al primo, a seconda dell'interpretazione restrittiva ovvero estensiva che si vuole dare alla norma, è possibile riscontrare profili di illegittimità costituzionale con riferimento all'art. 21 Cost., oltre che all'art. 10 CEDU, concernenti la libertà di espressione e di critica, specialmente laddove tale critica riguardi la gestione di una Pubblica Amministrazione.
Con riferimento alla lettera L,
anche qui troviamo una netta mancanza di determinatezza della norma, dato che non si capisce se la norma stessa si applichi soltanto a quei documenti contenenti cc.dd. 'dati sensibili' concernenti i pazienti o l'Amministrazione stessa (e quindi già tutelati dalla normativa vigente), ovvero se si applichi invece a tutti quei documenti di cui si venga a conoscenza nello svolgimento delle proprie mansioni, compresi perciò, p.es., i testi delle stesse ordinanze commissariali, il bilancio, i testi dei regolamenti e delle comunicazioni interne al singolo Comitato, ecc. Anche qui, al fine di rispettare il principio di trasparenza della Pubblica Amministrazione, l'interpretazione maggiormente corretta dal punto di vista della legittimità della norma in parola, è la prima, quella cioè più restrittiva. Tuttavia, il testo della norma lascia ben credere che la volontà dell'estensore del codice sia quella di impedire al singolo ogni tipo di comunicazione verso l'esterno, con una conseguente lesione, anche qui, dei sopraccitati articoli della Costituzione e della Convenzione Europea.
Per quanto concerne, infine, la lettera M,
questa è certamente la norma che, a livello interpretativo, crea enormi (e pericolosissimi) problemi al non esperto in questioni giuridiche, visto che con l'astuto gioco di parole in essa contenuto si potrebbe facilmente trarre in inganno il suddetto appartenente CRI, il quale, una volta venuto a conoscenza di illeciti (siano essi amministrativi ovvero penali), potrebbe convincersi dell'esistenza di un obbligo di non procedere a formale denuncia presso l'autorità giudiziaria competente prima di aver esperito ed esaurito ogni possibile ricorso alle vie gerarchiche interne, vanificando così l'attività investigativa delle Procure (la cui efficacia si basa molto spesso anche sulla segretezza della sua conduzione), con buona pace, tra l'altro, degli artt. 362 c.p. e 331 c.p.p., in tema di denuncia di reato. A confermare questo pesantissimo rischio interpretativo è l'ultima frase della succitata lettera m), in cui si afferma che l'interessato ha il dovere di assicurarsi dell'esattezza e pertinenza delle sue affermazioni, quasi a voler dire che è l'interessato stesso ad essere preventivamente onerato dello svolgimento di indagini personali/amatoriali.
Fin qui, la pericolosità della lettera m) dell'art. 15 per quanti non masticano il diritto: motivo per il quale il suo testo dovrebbe completamente essere riscritto!
Ma la lettera m) non pone solo tale problema: a leggerne il testo, infatti, si evince che "è peraltro fondamentale astenersi dal rilasciare dichiarazioni EVENTUALMENTE diffamatorie rivolte all'Associazione". Ebbene quel "eventualmente", legato a quanto affermato nell'art. 16, espone il singolo appartenente CRI ad una pressione psicologica nonché ad un rischio pesantissimo che sono di fatto intollerabili.
La norma, infatti, soprannominata da alcuni (tra cui il Corriere della Sera) "norma anti-Report", mira a punire chiunque diffonda informazioni che non siano positive per la Croce Rossa, a prescindere dal fatto che tali informazioni siano o meno suffragate da prove concrete.
Se infatti il volontario o dipendente che ponesse in atto un simile comportamento potrebbe, ricorrendone i presupposti, essere condannato (sia civilmente ex art. 2059 c.c., che penalmente ex art. 595 c.p.) per diffamazione, sottoscrivendo una simile norma il suddetto volontario o dipendente potrebbe essere condannato civilmente, a titolo di responsabilità contrattuale, ANCHE LADDOVE NON RICORRANO ASSOLUTAMENTE I PRESUPPOSTI DEL REATO DI DIFFAMAZIONE, poiché la suddetta norma parla espressamente di "dichiarazioni EVENTUALMENTE diffamatorie".
In questo modo si pone l'appartenente CRI in una condizione di totale incertezza e preoccupazione, non potendo egli sapere cosa poter dire e cosa no, riducendolo pertanto al silenzio più completo (da qui l'appellativo di "Codice bavaglio" trovato da alcuni sindacati).
Per fare un esempio, i volontari ed il personale CRI che hanno contribuito alla realizzazione della puntata di Report avente ad oggetto la Croce Rossa, sarebbero perseguibili (nel senso che la Croce Rossa Italiana potrebbe chiedergli risarcimenti milionari) anche laddove quanto da loro riferito si dovesse scoprire corrispondere a piena verità, e ciò per il solo fatto di aver messo in cattiva luce la Croce Rossa.
Se tale normativa può trovare una qualche legittimazione in un'azienda privata, così non può essere per una Pubblica Amministrazione.
Questi sono, in sintesi, i motivi per i quali io ho serie difficoltà a firmare il codice etico, dato che sarebbe per me un controsenso sottoscrivere ciò che sconsiglierei di firmare a chiunque mi dovesse chiedere un parere giuridico sul punto.
Fonte: Marco Mambrini
Bravo Vincenzo, fai onore alle persone perbene e oneste! Ti seguo da tempo, va avanti con fiducia. Un abbraccio, Nicola.
RispondiEliminami si intreccia il neurone: se è richiesta una firma (per sostanzialmente rinunciare al diritto di espressione), questa non può essere obbligatoria, ma facoltativa, altrimenti non verrebbe richiesta a parte: la rinuncia al diritto di cui all'art. 21 Cost. sarebbe parte integrante il rapporto contrattuale in essere... cosa che, evidentemente, non può giuridicamente stare in piedi, perchè un diritto costituzionalmente protetto può essere solo rinunciato, e liberamente rinunciato, dal suo titolare e perciò non capisco il 'costretti a firmare'...Se la 'costrizione' deriva invece da più o meno implicite intimidazioni (o similia) estorsive della firma...beh, allora secondo me il caso sarebbe gravissimo...
RispondiEliminaCon tutto il doveroso rispetto per i Dipendenti, sia Militari che Civili... MA SI RENDONO CONTO QUESTI SIGNORI AI QUALI IL GOVERNO HA MESSO IN MANO LA CROCE ROSSA ITALIANA DIETRO CORRESPONSIONE DI LAUTI COMPENSI, CHE NOI SIAMO DEI V O L O N T A R I I I I ! ! ! CHE SONO TALMENTE FRUSTRATI DA NON POTER DECIDERE LE MODALITA' CON LE QUALI "DONARE" IL LORO TEMPO LIBERO AL PROSSIMO DALL'ESSERE PROSSIMI AL LASCIARE SOLI AL LORO DESTINO I BRAVI DESPOTI!?!?
RispondiEliminasempre con ilk doveroso rispetto ti comunico che i dipendenti che fanno servizio 118 prendono circa 1000€ al mese.... quindi proprio lauti compensi non sono.
RispondiEliminaa parte questo non ho capito il tuo l'intervento in merito all'articolo..??..??
carlo
@ Patrizia: quando ho scritto "costretti a firmare", ho voluto implicitamente fare riferimento alla pressione psicologica con cui, attraverso la minaccia di espulsione dall'ente e il rifiuto di accettare la quota associativa 2011, i Comitati stanno ESTORCENDO la firma al Codice Etico. Motivo per il quale presenterò presso il mio Comitato richiesta di riconoscere la invalidità giuridica della totalità delle firme ottenute in questo modo.
RispondiEliminaper la mia poca esperienza in materia di codici etici aziendali posso solamente dirti che il codice etico che le aziende/associazioni, negli ultimi anni, si stanno affrettando a scrivere e divulgare sono, quasi sempre, un preludio all'implementazione interna di un meccanismo di tutela di reati amministrativi. Tutto nasce dal D.lgs 231/2001 che obbliga le aziende ha attuare meccanismi di controllo interno per evitare la commissione di reati citati dal D.lgs stesso.. quindi l'organizzazione deve favori l'emergere di situazioni "strane" o "poco chiare" anche grazie alle "denunce" di volontari o dipendenti.
RispondiEliminaper questo motivo credo proprio che nessuno possa condannare chi fa emergere un problema interno..essendo proprio questo un meccanismo etico a tutela dell'azienda/associazione..