Gli scandali nella Croce Rossa Italiana non finiscono mai e stavolta continuano le denunce della Corte dei Conti. Disagi e deficit economici indeboliscono ancora di più il più importante Ente umanitario: la CRI ha un buco economico di quasi 14 milioni di euro; non ha la capacità interna di controllare la contabilità; non esiste una tesoreria unica a cui attingere denaro in modo vigilato e le commissioni hanno troppa autonomia. Un sistema ‘anarchico’ che, oltre ai scandali del passato, crea troppe lacune economiche. E così la Croce Rossa si avvia alla privatizzazione.
LO ZITO-LETTA - Nel 2008 il maresciallo Vincenzo Lo Zito denuncia le troppe irregolarità interne nella sezione Abruzzo della CRI dove il presidente era Maria Teresa Letta. Un cognome di prestigio quello del presidente; sorella del politico Gianni Letta.
Lo Zito denuncia movimenti economici sospetti della signora Letta,
usando i fondi della CRI: assegni con firme false; doni natalizi per i
terremotati abruzzesi e riciclati per i donatori di sangue accompagnati
dagli auguri della Letta; trasferimenti di denaro verso conti bancari
non autorizzati; il tutto senza giustificazioni. Insomma manovre
economiche poco chiare che sono sinonimo di scandali economici. A
seguito dei controlli sulla gestione finanziaria della Croce Rossa
Abruzzo, nonostante tutto, non ci fu nessuna denuncia ma solo una
querela. Il pm Erminio Amelio ancora non scrive nessuno nel registro
degli indagati. Era il 2008, siamo nel 2013.
SCELLI-SMOLIZZA-PANDOLFI - Nel 2011 la Corte dei Conti condanna Maurizio Scelli, ex commissario della CRI, e i due funzionari Aldo Smolizza e Virgilio Pandolfi. Scelli è condannato a risarcire l’Ente con 900 milioni di euro. 3 milioni di euro in totale per l’accusa di ‘disprezzo di qualsiasi canone di sana amministrazione in totale noncuranza della Croce Rossa Italiana’.
Insomma i tre, nel 2004, avevano firmato contratti informatici pur
sapendo che la CRI non aveva la disponibilità economica. Bilanci
incongrui e non necessari. Lo stesso Scelli parlò di accanimento dei
giudici nei suoi confronti, sentendosi attaccato ingiustamente dalla
magistratura come era accaduto a Silvio Berlusconi. Eppure l’ex
commissario era già stato accusato, ma poi assolto, per aver sottratto
fondi interni pari a 17 milioni di euro destinati alla missione
umanitaria ‘Antica Babilonia’.
Ora torna un nuovo resoconto della Corte dei Conti
che denuncia altre lacune che rischiano sempre più d’indebolire la CRI:
una criticità organizzativa e gestionale. C’è da dire che rispetto al
fondo nero toccato in più casi, negli ultimi anni la situazione della
CRI è migliorata lievemente pur rimanendo ancora negativa. Nonostante la
politica dei tagli - riduzione delle auto blu, autovetture di
servizio, da 29 a 9; i ‘benefits’ non sono presenti nella struttura; gli
organi collegiali sono diminuiti da 7 a 3- comunque la Croce Rossa si avvia alla privatizzazione decisa dal Governo Monti.
Infatti è in corso di approvazione il decreto di riforma che prevede
una parziale privatizzazione soprattutto delle strutture periferiche. Secondo l’Annual Report 2011 la CRI possiede ben 981 immobili –molti di cui andranno in mano a privati, distribuiti soprattutto in Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte e Friuli.
Un altro grave problema è il buco economico che ammonta a quasi 14 milioni di euro:
infatti 6.554.770 euro è il disavanzo dei comitati regionali e
7.400.000 euro ammonta lo scompenso del comitato centrale. Un triennio
finanziario in dissesto a causa di una poca liquidità dell’Ente e da
un’organizzazione interna, disorganizzata che rallenta le approvazioni
di bilancio. La Croce Rossa non ha mai avuto una Tesoreria Unica,
ovvero un macro fondo nazionale a cui, tutte le rappresentanze possano
attingere in modo controllato e questo sarebbe uno dei provvedimenti
urgenti da prendere. Inoltre la Corte dei Conti ha rilevato un abnorme
buco economico con problemi finanziari per la CRI sezione
Molise, Lazio, Friuli, Toscana ed Umbria. Mentre a livello provinciale
il default economico è per Roma, Latina e Perugia.
Dulcis in fundo la discrasia organizzativa: la CRI ha un ordine interno che con difficoltà permette di tenere sotto controllo i livelli di responsabilità finanziaria
perché i comitati: centrale, provinciali (103), regionali (20) e locali
(448) hanno una loro organizzazione autonoma che rende difficile anche
controllare gli spostamenti di denaro.