Il 31 luglio la Camera dei deputati ha approvato il decreto-legge 20
giugno 2012, n. 79, nonostante l'articolo 1, comma 2, del testo della
legge di conversione (proroga al 30 settembre il termine già scaduto per
l'esercizio della delega per la riorganizzazione della Croce Rossa) sia
palesemente contrario ai principi richiamati dal Presidente Napolitano
nella sua lettera del 23 febbraio scorso ai Presidenti delle Camere.
Non solo il Comitato per la legislazione della Camera nei giorni
scorsi aveva espresso il parere fortemente contrario alla bravata fatta
dal senatore Ceccanti con il suo emendamento dell’ultimo secondo volto a
prorogare il termine per l’esercizio della delega governativa per
riorganizzare la Croce Rossa, scaduto lo scorso 30 giugno, inserito in
un decreto legge – quello sui vigili del fuoco - che con gli enti
vigilati dal Ministero della salute non ha proprio nulla a che vedere,
ma fu proprio lo stesso Giorgio Napolitano, in quell’occasione
moralizzatore severo, a richiamare il Parlamento alla scrupolosa
osservanza dei principi su cui poggia la decretazione d’urgenza,
riaffermati per l’ennesima volta dalla Corte costituzionale che con la
sentenza 22/2012 con cui ha giudicato incostituzionale un analogo
emendamento approvato al milleproroghe del 2010.
Nel corso del dibattito parlamentare sono state molte le autorevoli
voci che si sono dichiarate contrarie alla specifica norma, ma poi con
la scusa del senso di responsabilità (verso chi e verso cosa non è
chiaro) la maggioranza ha allegramente mandato a puttane la
Costituzione.
Tutti i gruppi parlamentari - tranne ovviamente il PD/PDL - si sono
dichiarati contrari alla palese incostituzionalità contenuta del testo
della legge di conversione e alla prova del voto solo 79 deputati si
sono espressi a favore dell'emendamento presentato dal deputato radicale
Maurizio Turco volto a sopprimere la norma palesemente incostituzionale
introdotta dal Senato.
La dichiarazione di voto più allegorica e marcatamente ispirata
all’elevato senso di ipocrisia istituzionale che ha caratterizzato la
discussione parlamentare è stata quella della deputata PD, intervenuta
per la dichiarazione di voto finale. Uno sproloquio senza senso, tranne
quello di rassicurare gli speculatori che ambiscono a mettere le mani
sul patrimonio della Croce rossa, fatto per giustificare la presa di
posizione del PD contro la legalità e la Costituzione, contro Napolitano
e contro i lavoratori della CRI.
Nel tentativo di rassicurare i dipendenti che ora vedono il loro
posto di lavoro sempre più a rischio, la deputata del Partito
democratico “salva Croce rossa” ha dichiarato: “voglio sottolineare,
invece, l'impegno che con il voto favorevole a questo decreto-legge noi
assumiamo anche nei confronti delle migliaia di volontari che fanno
parte di Croce rossa italiana”.
Peccato che proprio grazie a questo decreto legge ora il Governo è
rimesso in termini per emanare il famigerato decreto legislativo di
riordino della CRI su cui tutte le organizzazioni sindacali, la
ragioneria Generale del Ministero dell’economia e finanze, la conferenza
Stato-Regioni e perfino i militari - il cui organismo di rappresentanza
Cocer si è dimesso resosi conto dell’impossibilità di far ascoltare la
propria voce - hanno espresso netta contrarietà, proprio perché
eliminerà definitivamente 4000 posti di lavoro, eliminerà il Corpo
militare e permetterà la svendita del patrimonio sul quale la
parlamentare del PD è stata categorica: “Non è pensabile che la vendita
del patrimonio debba essere fatta semplicemente per coprire i buchi di
bilancio”. A mio avviso quest’affermazione suona come un chiaro invito a
fare affari.
È chiaro che il progetto di riordino/speculazione di natura
governativa è stato scritto a più mani, alcune molto sporche. Per
renderci conto di cosa si tratta basta pensare che il “bottino” è
composto da 981 proprietà immobiliari con un valore catastale
complessivo di euro 2.191.554,65 e 432 terreni con una rendita
dominicale di euro 9.223,92.
È chiaro che adesso il Presidente della Repubblica dovrà scegliere se
essere coerente con i propri richiami alla legalità oppure assecondare
ancora una volta gli interessi della partitocrazia e le sue norme
illegittime, con buona pace della Costituzione.
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