Legislatura 16
Atto di Sindacato
Ispettivo n° 4-07534
Pubblicato il 23 maggio 2012, nella seduta n. 729
LANNUTTI
- Ai Ministri della salute, dell'economia e delle finanze, della difesa e del lavoro e delle politiche sociali. -
Premesso che:
da notizie circolate negli ultimi giorni
si apprende che sia decisa da parte del Governo l'approvazione dello
schema di decreto legislativo relativo alla riorganizzazione
dell'Associazione della Croce Rossa Italiana (CRI) per la
"privatizzazione" dell'Ente (atto del Governo n. 424);
sembrerebbe che la bozza del decreto
legislativo faccia riferimento alla legge n. 833 del 1978, istitutiva
del Servizio sanitario nazionale (SSN), un riferimento incompleto dato
che non si farebbe menzione del decreto del Presidente della Repubblica
n. 613 del 1980;
alla luce di dette indiscrezioni è
opportuno ripercorrere gli ultimi decenni della storia della CRI e dei
diversi provvedimenti legislativi che hanno portato all'attuale
situazione di ingovernabilità, di impoverimento dei suoi beni materiali e
immateriali;
la legge 23 dicembre 1978, n. 833,
all'art. 1, stabilisce che "l'attuazione del Servizio sanitario
nazionale compete allo Stato, alle regioni, agli enti locali
territoriali". Pertanto, poiché si trattava di un ente di diritto
pubblico, fu disposto dalla legge, oltre che il "riordinamento
dell'Associazione", lo "scorporo dei servizi sanitari della CRI"; si
dispone che sono trasferiti ai Comuni competenti per territorio per
essere destinati alle unità locali i servizi di assistenza sanitaria
dell'Associazione CRI, nonché i beni mobili e immobili (Scuole per
infermiere e Assistenti sanitarie, Ospedali, Navi Ospedale, Centri
trasfusionali, Ambulatori) che
erano destinati ai predetti servizi ed il relativo personale ad essi
adibito, previa indicazione del relativo contingente. Per il
trasferimento dei beni e del personale si attuano, in quanto
applicabili, le disposizioni di cui agli art. 65 e 67 (cioè le
disposizioni relative agli enti inutili soppressi);
sempre all'art. 70 della legge n. 833 del
1978, al terzo comma, si dispone che "Il Governo, entro un anno
dall'entrata in vigore della presente legge, è delegato ad emanare, su
proposta del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro della
difesa, uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per il
riordino dell'Associazione della CRI, con l'osservanza dei seguenti
criteri direttivi": 1) il carattere volontaristico dell'Associazione; 2)
la determinazione dei compiti in relazione alle finalità statutarie e
agli adempimenti commessi dalle vigenti convenzioni e risoluzioni
internazionali e dagli organismi della CR internazionale alle società
nazionali di CR; 3) l'articolazione delle strutture su base regionale,
ferma restando l'unitarietà dell'Associazione; 4) l'elettività e la
gratuità delle cariche;
imprevedibilmente, e inaspettatamente,
nell'esercizio della predetta delega, viene emanato il decreto del
Presidente della Repubblica n. 613 del 1980 che, eccedendo la delega
stessa, che non prevedeva alcun cambiamento della natura giuridica della
CRI, la configura come "ente privato di interesse pubblico", figura che
non aveva riscontro nella normativa concernente le persone giuridiche;
l'attribuzione alla CRI della natura di
"ente privato di interesse pubblico" destò non poche perplessità, poiché
l'art. 70 della legge n. 833 del 1978 nulla disponeva in ordine alla
sua natura giuridica; infatti, in quanto ente pubblico, aveva subito lo
scorporo di beni e attività sanitarie, trasferiti alle Regioni, mentre
si delegava al Governo solo la ristrutturazione dell'Associazione.
Pertanto, in sede di attuazione della delega, non si sarebbe potuto
valicare legittimamente la delega stessa;
si ravvisò inoltre una notevole
contraddizione tra i penetranti poteri di vigilanza spettanti al Governo
(ad esempio art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 613
del 1998: rappresentanti ministeriali nel Consiglio, Collegio dei
revisori dei conti costituito da rappresentanti ministeriali; art. 4 del
medesimo decreto del Presidente della Repubblica: controllo sulla
gestione) e la natura privata della CRI;
la vigilanza si spiega in rapporto
all'esigenza di assicurare il soddisfacimento di scopi rilevanti per
l'apparato pubblico (vigilanza in funzione di manovra e di efficienza)
mentre la natura privata postula l'autonomia del soggetto. In base a
tale autonomia esula dalla vigilanza quanto attiene agli scopi specifici
del titolare dell'autonomia, alla organizzazione, alla gestione
economica e finanziaria;
ulteriore causa di contraddizione è
identificabile nella imposizione di uno schema organizzativo della CRI
che si giustifica solo in rapporto alla necessaria preordinazione
dell'Ente al perseguimento di fini, dei quali dispone lo stesso Stato;
se lo "scorporo", che è un atto
amministrativo, avesse seguito, e non preceduto, la ristrutturazione,
per uniformarsi ai principi legislativi stabiliti, la CRI, divenuta ente
privato di interesse pubblico, per il decreto del Presidente della
Repubblica n. 613 del 1980 (ex art.
70 della legge n. 833 del 1978), in quanto organismo associativo
privato, avrebbe mantenuto i beni mobili e immobili, il personale, e
avrebbe continuato a svolgere quelle funzioni che la legge n. 833 aveva
trasferito al SSN, mediante lo "scorporo";
il decreto del Presidente della
Repubblica n. 613 stabiliva, come strumento attuativo, un nuovo statuto,
per la cui elaborazione (art. 8) provvede un comitato nazionale
composto da un socio della Croce Rossa che lo presiede, prescelto di
concerto tra il Ministro della difesa e il Ministro della sanità, e da
altri componenti designati, tra gli attuali soci, dai Presidenti delle
Giunte regionali in numero due per ciascuno, tenendo conto di tutte le
componenti volontaristiche;
ebbe così inizio la tragicommedia di un
comitato per lo statuto, presieduto da un Presidente che si rivelò
incapace di far rispettare le regole, di arginare prevaricazioni, di
gestire le votazioni; in breve, si verificò una situazione caotica dalla
quale emersero due "correnti" contrapposte: a favore della
privatizzazione della CRI, l'una, l'altra per la definizione della CRI
ente di diritto pubblico e il superamento della sua divisione nelle sei
componenti;
i lavori del comitato furono lunghissimi
ed estenuanti. Infine lo statuto fu votato e approvato a maggioranza di
17 contro 12, un astenuto e molti assenti. Il Presidente trasmise al
Ministro della sanità lo statuto, dichiarandolo approvato all'unanimità;
la minoranza, che non aveva ottenuto che
il proprio documento fosse trasmesso, lo presentò autonomamente al
Ministro della sanità che, peraltro, aveva chiesto al Presidente del
Comitato di soprassedere e tentare di arrivare ad un unico documento. Il
documento di minoranza era in dissenso dal decreto del Presidente della
Repubblica che, tra l'altro, non restituiva alla CRI privata ciò che le
era stato sottratto dallo scorporo in quanto pubblica;
la disciplina della CRI quale ente
pubblico fu ristabilita dall'art. 7 del decreto-legge n. 390 del 1995,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 490 del 1995, che ha
modificato come segue l'art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 613 del 1980: "l'Associazione Italiana della Croce Rossa
ha ad ogni effetto di legge qualificazione e natura di ente dotato di
personalità giuridica di diritto pubblico e, in quanto tale, è soggetta
alla disciplina normativa e giuridica degli enti pubblici";
ed è singolare che dal 1978 al 1995 la
CRI sia stata un ente di diritto privato, pur avendo un Corpo Militare e
il Corpo "militarizzato" delle Crocerossine;
la disciplina della CRI come ente
pubblico fu motivata dal dover essa rispondere con criteri di doverosità
(necessità, ufficialità) ai compiti tipici derivanti dalle convenzioni
internazionali in tema di emergenza internazionale e interna, in tempo
di pace e in tempo di guerra, e per assicurare la necessità dell'azione
della CRI quale "ausiliaria dei Poteri pubblici", condizione prevista
dagli statuti delle società di Croce Rossa;
è comunque opportuno rammentare che, sia
per l'Associazione ente di diritto pubblico sia per l'ente di diritto
privato, gli adempimenti commessi dalle vigenti convenzioni e
risoluzioni acquistano obbligatorietà dall'essere sottoscritti dai
delegati dei Governi in sede di Conferenza internazionale, che è la più
alta autorità della CRI, le cui deliberazioni sono sottoscritte dai suoi
membri (i delegati delle Società nazionali, i delegati degli Stati
firmatari della Convenzione di Ginevra, i delegati del Comitato
Internazionale, i delegati della Federazione delle Società nazionali di
Croce Rossa e Mezzaluna Rossa);
alla CRI, quale entità (sia pure
delegata) dell'organizzazione dello Stato, nella sua articolazione
centrale e periferica, e garantita dalle norme del diritto
internazionale, alla cui osservanza lo Stato è tenuto, possono essere
attribuiti compiti specifici da attuare secondo criteri di ufficialità;
peraltro, l'ente pubblico (Stato,
Regioni, Comuni) non può utilizzare, come elementi permanenti della
propria organizzazione, entità private che possano essere identificate
come entità tenute sempre e comunque ad assolvere dei compiti affidati
da enti pubblici, a meno che non siano a ciò delegate per compiti
specifici;
secondo lo statuto in vigore, le Regioni
ed altre pubbliche amministrazioni avrebbero potuto affidare specifici
compiti alla CRI, delegarla a determinate incombenze umanitarie,
mediante convenzioni, ma tale "possibilità" non ebbe risposta adeguata,
sufficiente, e, nemmeno uniforme su tutto il territorio nazionale. È
stata persa l'occasione di usufruire di una "forza" operativa di
appoggio ai servizi pubblici, cioè di riconoscere la ausiliarità dei
Poteri pubblici, requisito istituzionale di ogni Società nazionale di
Croce Rossa;
lento e inesorabile ebbe inizio il
decadimento della CRI che, pur essendo la maggiore Associazione di
volontariato nel mondo, non può beneficiare di aiuti e vantaggi concessi
alle associazioni di volontariato, in quanto ente di diritto pubblico,
sebbene in essa operino migliaia di volontari;
i "mali" della CRI, il 5 novembre 1996,
indussero ad istituire un'indagine conoscitiva il cui documento
conclusivo fu approvato all'unanimità;
la Commissione si era posta l'obiettivo
di evidenziare i problemi che si erano accumulati all'interno della CRI
nei 16 anni di commissariamento. La Commissione, pur riconoscendo la
straordinaria capacità, i valori, lo spirito di servizio che
caratterizzano una grande parte delle persone che lavorano
nell'associazione, riconosceva che la CRI si trovava di fronte a una
crisi permanente e a un governo caratterizzato da microconflittualità
centrali e periferiche;
per rispettare la storia e soprattutto
dare, in sintonia con i valori, le motivazioni agli aderenti, la
Commissione esprimeva la necessità di un vero, profondo cambiamento dei
suoi aspetti, con umiltà e con il rispetto che si deve alla CRI, che
deve essere considerata un importante patrimonio sociale dell'intero
Paese: era maturo, pertanto, il tempo di avviare una verifica severa e
progettuale in funzione dei valori e degli obiettivi prioritari che la
CRI doveva assumere nel campo sociale, sanitario e della protezione
civile;
nel corso dei decenni, altri Statuti
tentarono di definire l'organizzazione della CRI: tra tutti, fra buoni
propositi elencati nei "Compiti" e la realtà formale,"normata", i
Comitati locali rappresentano la più evidente incapacità di quella
rifondazione di cui necessita la CRI. Così l'ultimo statuto, nonché la
legge delega;
considerato che a giudizio dell'interrogante:
l'inaccettabile configurazione dei
Comitati locali era già evidente nella proposta di statuto presentata
all'Assemblea dei soci della CRI dal commissario Scelli, in cui si
ipotizzava la costituzione di società per azioni. Con la conversione del
decreto-legge, scomparve la CRI SpA, ma non le anomalie relative ai
Comitati locali, non più strutture operative della SpA, ma abbandonati a
se stessi. I Comitati locali gestiscono quei servizi e quelle attività
che costituiscono i compiti istituzionali (cioè commessi dalle
convenzioni e dalle risoluzioni internazionali), ma devono
auto-finanziarli, debbono trovare risorse economiche per mantenere se
stessi, le attività e i servizi, ormai irrinunciabili e fortemente
radicati sul territorio;
i molti, troppi commissariamenti sono
stati fallimentari, anzi nocivi, all'Associazione perché la scelta dei
commissari è sempre stata una scelta strumentale al soddisfacimento di
qualche personaggio politico, alla premiazione di chi avesse bene
meritato, non della CRI, ma di qualche partito politico;
l'anomalia più stridente nella
prefigurata organizzazione della CRI è il mantenimento del Corpo
militare e delle Crocerossine "militarizzate" esse pure;
tutte le società di Croce Rossa e Mezza
Luna Rossa sono "ausiliarie dei Pubblici poteri" e, in tempo di guerra,
"ausiliarie delle Forze armate". Per questo compito devono preparare e
formare volontari, in tempo di pace;
in età fascista, in Italia, Spagna e
Grecia, le rispettive società di Croce Rossa avevano costituito un Corpo
militare. L'assurdità di un corpo militare dipendente dal Ministero
della guerra (poi "della difesa") in un'Associazione per definizione,
per storia, per statuto, assolutamente neutrale, fu avvertita dagli
altri Stati, non dall'Italia che li mantenne ed anzi donò alle
Crocerossine la "Bandiera di Guerra";
pertanto la riorganizzazione della CRI
non può mantenere l'Associazione unica al mondo ad avere dei Corpi
militari, con stellette, gradi, compiti presso l'esercito spesso
prevalenti su quelli della CRI;
come affermò un Presidente della Croce
Rossa Internazionale, tutte le società nazionali di Croce Rossa hanno
delle infermiere, loro vanto è la Croce Rossa sulla bianca divisa e non
le spalline con le stellette militari;
considerato che:
la Cisl Fp dice no al ridimensionamento
della CRI, un progetto che il Governo Monti vorrebbe attuare e che, per
il sindacato, metterebbe a rischio qualità dei servizi ed i posti di
lavoro;
dopo l'incontro con il Ministro della
salute, Renato Balduzzi, la federazione del pubblico impiego della Cisl
esprime forte preoccupazione sul piano di riordino della CRI che prevede
la soppressione dell'attuale ente pubblico ed il trasferimento delle
funzioni ad una associazione di interesse pubblico con personalità
giuridica di diritto privato. Si legge sul quotidiano della Cisl
"Conquiste del lavoro": «"Abbiamo manifestato al ministro il nostro
dissenso - spiega Giovanni Faverin, segretario generale della Cisl Fp -
rispetto ad una scelta che può tradursi facilmente in un
ridimensionamento del livello della qualità e quantità di servizi.
Prestazioni che, interessando l'assistenza sociale ed il soccorso
sanitario, sono vitali per le persone e le comunità. Siamo i primi a
chiedere la riqualificazione della spesa pubblica e la riorganizzazione
della Croce Rossa. Ma diciamo no ad operazioni draconiane, a tagli
lineari di spesa e di posti di lavoro che finiscono per pesare sulla
collettività più di quanto promettono di risparmiare: perché non
tagliano costi inutili ma carne viva". Il piano del ministro pone seri
problemi sul versante della occupazione, attacca la Cisl Fp.
"L'eventuale passaggio della Croce Rossa - aggiunge Faverin - ad
associazione privata consentirà infatti alla nuova dirigenza di
stabilire le dotazioni organiche senza discutere i criteri di scelta e
senza garanzie per i lavoratori in esubero. Per molti di loro si
profilerebbe la mobilità. Mentre i lavoratori a tempo determinato
finirebbero addirittura per rimanere a casa alla scadenza del contratto e
comunque entro la fine del prossimo anno. Tutto questo è inaccettabile.
Sono a rischio 3.000 posti di lavoro". La protesta non si ferma. La
Cisl Fp rilancia. Vengono confermate tutte le iniziative in programma, a
partire dal presidio di oggi davanti alla sede del Ministero della
Salute. "Dal ministro ci aspettiamo una nuova convocazione per la
prossima settimana - conclude Faverin -. E una modifica sostanziale ad
un progetto che così com'è è inaccettabile"»;
i coordinatori nazionali dei sindacati
CGIL e USB, Pietro Cocco e Massimo Gesmini, hanno rivolto un appello al
Ministro della salute Renato Balduzzi in relazione alle notizie e alla
bozza di decreto legislativo sulla riorganizzazione della Croce Rossa
circolate negli ultimi giorni, affinché nell'emanare il testo definitivo
del provvedimento normativo il Governo tenga conto di quanto le
organizzazioni sindacali hanno già rappresentato nel corso degli
incontri svoltisi nelle sedi istituzionali e cioè che la privatizzazione
dell'Associazione deve necessariamente essere il frutto di una gestione
ordinaria e non commissariale;
il segretario del Pdm (Partito per la
tutela dei Diritti di Militari e Forze di polizia), Luca Marco
Comellini, si è associato alla richiesta delle organizzazioni sindacali
augurandosi che da parte del Ministro vi sia massima attenzione e che la
legalità e la trasparenza siano il centro della questione. Comellini ha
inoltre ricordato al Ministro Balduzzi che occorre evitare che si
ripeta quanto avvenuto lo scorso mese di dicembre 2011 in occasione del
maldestro tentativo, conclusosi con un nulla di fatto, di far passare
dalle Commissioni parlamentari un decreto viziato ab origine;
lo scorso 26 gennaio accogliendo l'ordine
del giorno 9/4865-AR/10 il Governo si è assunto l'impegno di far
eleggere entro il 1° giugno i nuovi vertici della Croce Rossa,
si chiede di sapere:
Quali iniziative il Governo intenda
assumere al fine di garantire alla CRI un ordinamento di giustizia, di
rigore e trasparenza amministrativa nonché di valorizzazione di quanti
vogliono contribuire disinteressatamente alla crescita culturale, morale
ed operativa dell'ente, ponendo fine ad ogni forma di gestione
clientelare e personalistica, che garantisce impunità ai "favoriti";
Se non ritenga che dovrebbero essere i
soci della CRI a decidere il futuro dell'Associazione e non la politica
degli interessi e che il Corpo militare potrebbe utilmente essere
accorpato nella Protezione civile, ai fini della cui attività, il Corpo
militare dispone di notevolissime attrezzature e di una certa
preparazione, ma non nella sanità, o comunque che il Ministro della
difesa se ne faccia carico, assumendo ogni utile iniziativa per una
adeguata collocazione degli appartenenti nei corrispondenti ruoli delle
Forze armate;
Quali iniziative intenda intraprendere al
fine di avviare immediatamente nuove elezioni per organi collegiali
democraticamente eletti fino al riordino della CRI, riportandola ai
compiti istituzionali, considerato che, a giudizio dell'interrogante, in
questi anni di commissariamento non è stato prodotto alcun
miglioramento gestionale dell'ente;
Quali iniziative, alla luce delle
preoccupazioni esplicitate dalla Cisl Fp in relazione al piano di
riordino della CRI, intenda assumere, nell'ambito delle proprie
competenze, per salvaguardare l'attività dei lavoratori in questione.
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