Stato d'agitazione per il personale della Croce Rossa Italiana che lamenta un depauperamento dell'Ente, del quale, ultimamente, si è parlato anche di 'privatizzazione'. “Quella che viene chiamata 'privatizzazione della Cri' ha destato molto allarme – spiega all'AgenParl Maurizio Scelli, deputato Pdl, già Commissario Straordinario della Croce Rossa Italiana dal 2003 al 2005 - perchè nella prima stesura della manovra economica c'era una bozza che in effetti che, se approvata, avrebbe creato un sacco di problemi in quanto privatizzava l'ente, mettendo a rischio circa 2000 precari e in liquidazione il patrimonio immobiliare. Insomma, ha creato parecchio panico. Poi, però, anche il Ministro Tremonti ha ritenuto di stracciare quella norma, quindi ad oggi non è cambiato nulla, né vedo all'orizzonte un ritorno su quell'argomento, quanto meno a quelle condizioni. La Croce Rossa Italiana non è un ente pubblico come gli altri.
In che senso?
E' un ente pubblico anomalo perchè ha dalla sua parte tutte le strutture di un'ente pubblico, tutto quello che concerne una gestione pubblica di una realtà che opera spesso in emergenza. L'ente, per le sue caratteristiche, deve avere necessariamente una procedura diversa da quelle di un elefante pubblico che vive di tutta una serie di burocrazie, cosa che la Croce Rossa non ha benché faccia parte di una realtà internazionale, appunto la Croce Rossa Internazionale, le cui associazioni sono quasi tutte private. Quella italiana ha un ulteriore motivo che l'appesantisce, cioè il fatto che lo Stato, nel momento in cui attribuisce alla Croce Rossa qualcosa come 180 milioni di euro l'anno, ripartiti tra Ministero dell'Economia, Ministero della Difesa e Ministero della Salute, per pagare i dipendenti, deve necessariamente esercitare una forma di controllo di come vengano utilizzati quei soldi. Questo di fatto blocca qualsiasi tipo di attività. Peraltro accanto a questa struttura di tipo prettamente pubblico, l'anomalia dove sta? Sta nel fatto che dal vertice nazionale a quello locale, vengono posti i volontari, perchè la Croce Rossa Internazionale impone a tutte le associazioni affiliate di essere gestite dal volontariato. E spesso cosa accade? Che proprio in questo conflitto tra tutti i dirigenti si crei tensione e, puntualmente, non sarà un caso, ma la Cri viene commissariata, viene messa nelle mani di un soggetto che ha tutti i poteri di straordinaria amministrazione per superare questi vincoli di carattere burocratico. Bisogna poi tenere conto del fatto che i volontari vengono tutti eletti, non c'è alcun concorso pubblico.
Quale potrebbe essere la soluzione a questa situazione?
Io l'avevo trovata anni fa. Una soluzione che prevede l'ente pubblico da una parte che mantiene le sue strutture e una società, pubblica ma privata, al centro. Proprio per il discorso per cui la Cri è soggetta a concorrere negli appalti nel momento in cui la Cri si propone le perde tutte le gare, perchè propone un costo per l'aggiudicazione dell'appalto che è fuori logica rispetto a tutti gli altri. Questo problema si risolve con una società di diritto pubblico ma privata, e partecipata dalla Cri al 100 %, poi accanto a queste due realtà metterci l'associazione vera e propria dei volontari. L'ente pubblico mette a disposizione le strutture, la società acquista le commesse, e quindi poi i volontari faranno quanto gli spetta. Ma si tratterebbe di tre realtà che dialogano tra di loro, e non che cozzano. Auspico vivamente che invece di stare troppo a piangersi addosso, si armino di orgoglio e di forza, perchè siamo i migliori.
In che senso?
E' un ente pubblico anomalo perchè ha dalla sua parte tutte le strutture di un'ente pubblico, tutto quello che concerne una gestione pubblica di una realtà che opera spesso in emergenza. L'ente, per le sue caratteristiche, deve avere necessariamente una procedura diversa da quelle di un elefante pubblico che vive di tutta una serie di burocrazie, cosa che la Croce Rossa non ha benché faccia parte di una realtà internazionale, appunto la Croce Rossa Internazionale, le cui associazioni sono quasi tutte private. Quella italiana ha un ulteriore motivo che l'appesantisce, cioè il fatto che lo Stato, nel momento in cui attribuisce alla Croce Rossa qualcosa come 180 milioni di euro l'anno, ripartiti tra Ministero dell'Economia, Ministero della Difesa e Ministero della Salute, per pagare i dipendenti, deve necessariamente esercitare una forma di controllo di come vengano utilizzati quei soldi. Questo di fatto blocca qualsiasi tipo di attività. Peraltro accanto a questa struttura di tipo prettamente pubblico, l'anomalia dove sta? Sta nel fatto che dal vertice nazionale a quello locale, vengono posti i volontari, perchè la Croce Rossa Internazionale impone a tutte le associazioni affiliate di essere gestite dal volontariato. E spesso cosa accade? Che proprio in questo conflitto tra tutti i dirigenti si crei tensione e, puntualmente, non sarà un caso, ma la Cri viene commissariata, viene messa nelle mani di un soggetto che ha tutti i poteri di straordinaria amministrazione per superare questi vincoli di carattere burocratico. Bisogna poi tenere conto del fatto che i volontari vengono tutti eletti, non c'è alcun concorso pubblico.
Quale potrebbe essere la soluzione a questa situazione?
Io l'avevo trovata anni fa. Una soluzione che prevede l'ente pubblico da una parte che mantiene le sue strutture e una società, pubblica ma privata, al centro. Proprio per il discorso per cui la Cri è soggetta a concorrere negli appalti nel momento in cui la Cri si propone le perde tutte le gare, perchè propone un costo per l'aggiudicazione dell'appalto che è fuori logica rispetto a tutti gli altri. Questo problema si risolve con una società di diritto pubblico ma privata, e partecipata dalla Cri al 100 %, poi accanto a queste due realtà metterci l'associazione vera e propria dei volontari. L'ente pubblico mette a disposizione le strutture, la società acquista le commesse, e quindi poi i volontari faranno quanto gli spetta. Ma si tratterebbe di tre realtà che dialogano tra di loro, e non che cozzano. Auspico vivamente che invece di stare troppo a piangersi addosso, si armino di orgoglio e di forza, perchè siamo i migliori.
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