mercoledì 13 novembre 2013

UNA STORIA ITALIANA/ Lo strano ‘caso’ del Primo Capitano Mario Martinez che la Croce rossa italiana si rifiuta di richiamare in servizio



 IL PROTAGONISTA DI QUESTA VICENDA NON E’ RIUSCITO AD AVERE RICONOSCIUTO I PROPRI DIRITTI NONOSTANTE IL TAR LAZIO E IL CONSIGLIO DI STATO GLI ABBIANO DATO RAGIONE. FORSE DIETRO QUESTA INGIUSTIZIA DAL SAPORE KAFKIANO SI POTREBBERO  CELARE ‘INFESTAZIONI MASSONICHE’…



Veniamo brevemente ai fatti.  
Il primo capitano Mario Martinez è stato per anni ufficiale del corpo militare della Croce rossa italiana (Cri). Corpo formato da militari volontari, come del resto quasi tutto l’organico della Cri, In questo ruolo ha svolto compiti di grande responsabilità e con successo, tanto da meritare formale elogio per il servizio prestato. 


Quella che qui raccontiamo non è una novità perché si di una storia che si trascina da una decina d’anni. La sua originalità è proprio in questo trascinarsi senza conclusione per un lungo periodo, senza che vi sia un motivo apparente, tranne la dichiarazione del presidente della Croce Rossa italiana, Francesco Rocca, secondo la quale il Primo Capitano Mario Martinez faceva parte di una corrente clientelare all’interno della Cri, sistema che egli ora combatte.
Quanto precede è la sintesi di un caso che non ha altre spiegazioni, ma che ha tenuto impegnati il Tribunale amministrativo del Lazio ed il Consiglio di Stato nel tentativo di dirimere una lunga controversia amministrativa e giudiziaria. Al fine di richiamare in servivio il suddetto capitano Martinez, messo in congedo d’ufficio nel settembre 1991.
Tuttavia dalla data del suo congedo non è mai più stato richiamato in servizio, fatta eccezione per un breve incarico – tra il giugno e il luglio 2003 – presso l’ospedale di Bagdad in occasione del conflitto in Iraq.
Nonostante due richieste formali da parte dei Comitati Cri di Parma e di Bari, i quali in forza di una circolare del Comitato centrale Cri, avessero chiesto nominativamente l’assegnazione ai loro servizi il capitano Martinez, il commissario della Croce Rossa non ha mai risposto a tale richiesta e del richiamo in servizio del Nostro non se n’è fatto nulla.
La questione presenta oscuri motivi di esclusione ad personam, in quanto negli oltre dieci anni di cui è segnata tutta questa vicenda, di richiami in servizio, anche di militari in congedo, ve ne sono stati tanti. Né vale la scusa di appartenenza ‘clientelare’ del Mertinez addotta dal presidente di Cri, in quanto lo stesso informa che egli ha chiamato in servizio ed assunto in via definitiva soltanto i precari che prestavano servizio presso l’Associazione Cri. Come se i precari fossero li in forza di un concorso pubblico regolarmente superato e non perché chiamati nominativamente in forza di qualche segnalazione personale! Altrimenti non si spiegherebbe il loro status di precari.
Questa circostanza fa giustizia della pretestuosità della dichiarazione del presidente di Cri sulla lotta al clientelismo. Forse a quello degli altri!
Il capitano Martinez, che in quanto a combattività appare abbastanza deciso, a fronte di questa immotivata ed ostinata esclusione ha intrapreso un’insistente battaglia giudiziaria che lo ha visto vittorioso in ogni sede della Giustizia amministrativa, dal Tar del Lazio – sezione 3^ quater – al Consiglio di Stato, il quale con sentenza 2141/12 ha affermato che “l’Ente aveva proceduto negli anni ad assumere personale nelle ipotesi e nelle aree geografiche in cui aveva negato di avere effettuato richiami e che nel periodo 2005-2010 aveva effettuato numerosissimi richiami (circa 370) in sostanziale assenza di criteri univoci e prefissati”.
In altri termini, aveva mentito e quale ente di diritto pubblico aveva operato con discrezionalità e senza procedure di rilievo pubblico. Per queste ragioni il ricorso della Cri a ben due sentenze del Tar del Lazio (quella del 2010 n.38855 e quella del 2012 n.236) veniva rigettato e pertanto l’ente veniva condannato al pagamento delle spese processuali.
Per effetto di questa sentenza il Consiglio di Stato emetteva un’ordinanza tesa ad indennizzare il capitano Martinez dei danni subiti ed il Prefetto di Roma, nel dare seguito all’ordinanza, nell’agosto di quest’anno, nominava un commissario ad acta affinché provvedesse di conseguenza. Cosa questa che, pare, sia già avvenuta, ma che al capitano Martinez interessa poco.
Infatti, la sua determinazione è orientata ad essere richiamato in servizio in quanto fisicamente efficiente ed intellettualmente lucido. Uno dei paradossi di questa vicenda è appunto questo: la legislazione italiana in materia di pensioni tende ad aumentare oltremisura l’età in cui matura il diritto alla quiescenza, nel caso del capitano Martinez, benchè il Nostro sia in perfetta efficienza fisica e psichica, deve rimanere in congedo per forza. Ma guarda un po’ quali stranezze la vita ci riserva!
Ancora un’ultima stranezza da segnalare su questo caso. Lattuale presidente della Croce rossa italiana, l’avvocato Francesco Rocca, è stato nominato del governo Berlusconi, quindi si potrebbe pensare che al fondo dell’ostinata resistenza al richiamo periodico in servizio del capitano Mario Martinez potrebbero esserci ragioni politiche. Alla luce dei fatti, però, la questione sembra non essere di questa natura.
Infatti, la vicenda Martinez ha attraversato gestioni dell’ente Cri di diverso colore politico e amministrativo. Qualunque sia stato l’orientamento degli amministratori dell’Ente il risultato della vicenda Martinez non è mai cambiato. Niente niente, come si usa dire dalle nostre parti, la faida anti-Martinez va magari ricercata nell’apparato amministrativo della Croce Rossa Italiana?
Non sarebbe il primo caso dell’influenza nefasta di massonerie interne agli apparati pubblici che ne determinano gli orientamenti senza mai apparire e, purtuttavia, ne condizionano le gestioni. E poiché sono organizzazioni segrete le loro influenze sono difficili da individuare e da indagare.
Una questione non secondaria è la privatizzazione di Croce rossa italiana. A decorrere dall’inizio del prossimo anno Cri sarà un’associazione privata e da quella data la sua gestione non sarà più, amministrativamente parlando, sindacabile.
Ci viene, però, il dubbio che la sua attività sarà comunque finanziata col denaro pubblico: non si spiegherebbe altrimenti la sua funzione se non nello spirito del servizio pubblico. La domanda che avanziamo, pertanto, è la seguente: che senso ha questa privatizzazione che ci sembra volere assegnare alla Cri la stessa funzione della Rai, cioè una riserva destinata alla fruizione esclusiva in materia di reclutamento del personale, delle forniture da parte dei partiti, senza incorrere nei vincoli procedurali cui sono obbligati i soggetti pubblici?

Anche questa è una delle tante eredità lasciateci dallo sciagurato Governo Monti.

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