Con la pubblicazione sulla
«Gazzetta Ufficiale» dello scorso
19 ottobre, il decreto legislativo
n.178/2o12 ha reso definitive
le tappe della privatizzazione
della Croce rossa italiana. Un
provvedimento atteso da anni
che, trasformando la Cri in soggetto
privato e autonomo, di fatto
torna alle origini. «Occorreva
restituire la Croce rossa ai suoi
soci», spiega Francesco Rocca,
dal 2009 commissario straordinario
dell`ente. «In Italia l`organizzazione
ha avuto sempre un
carattere di istituzione pubblica,
di fatto modificando l`idea delle
origini di un`associazione di volontari
mobilitati per il soccorso
dei feriti di guerra. La privatizzazione
libererà energie e risorse,
portando la Croce rossa a una
nuova fase di piena autonomia,
anche economica, che darà forza
al lavoro dei 550 comitati locali».
Un percorso analogo è già avvenuto
in Spagna e in Canada
con risultati ampiamente positivi
in termini di efficienza e di disciplina
nei bilanci. Ma per quan-
o riguarda il riordino previsto
per la Cri restano diversi nodi da
sciogliere: c`è un rosso di 70 milioni
di euro e per ripianare il debito
il commissario straordinario
non vede che due strade. La
prima, che ha riscosso poco entusiasmo
presso i soci, è di autotassarsi
con un contributo straordinario,
ma è una via poco percorribile
visto che i comitati virtuosi
non hanno nessuna voglia di accollarsi
i debiti provocati da altri
meno accorti e dalla gestione
centrale. La seconda via è quella
della dismissione patrimoniale:
oggi la Cri possiede 1.40o immobili,
alcuni di grande pregio, per
cui basterebbe fare una selezione
e decidere cosa mettere in
vendita per ripianare il rosso.
Spiega il commissario: «La
decisione di alienare beni della
Croce rossa dev`essere presa
dall`assemblea: la sede di via
Toscana a Roma per esempio,
con i suoi 4mila metri quadri ha
un valore sicuramente interessante,
così come altri immobili.
La scelta spetta ai soci». La via
del risanamento passa dunque
dall`autogestione e non da contributi
pubblici.
Ma le criticità con cui è alle
prese la Croce rossa non finiscono
qui. Per funzionare, i comitati
hanno bisogno di personale, oltre
che di volontari. Oggi sono
2.500 dipendenti assunti a tempo
indeterminato e1.400 i lavora tori
precari, per effetto delle convenzioni
con enti pubblici. Sul loro
destino il decreto parla chiaro.
Il personale precario, legato a
servizi in convenzione, dovrebbe
passare alla nuova associazione,
come puntualizza ancora
Rocca, «purché sopravvivano i
servizi convenzionati per i quali
è sorto il rapporto. Non è stato
possibile assumere i precari, perché
legati alle convenzioni con il
pubblico. Gli altri dipendenti, civili
e militari, a:tempo indeterminato
dovranno decidere entro il
31 dicembre 2015 se passare con
la nuova associazione, nei limiti
dell`organico provvisorio, oppure
se rimanere dipendenti del
vecchio ente». Per questi ultimi,
a partire dal i ° gennaio 2016, potrebbe
scattare la mobilità. Ai di-
pendenti militari della Cri dovrebbe
spettare una quota di 300
unità, quale corpo ausiliare
dell`esercito.
Soddisfatti della privatizzazione,
ma scontenti su alcuni
punti del decreto gli altri soggetti
privati del soccorso: «Restano
criticità che andranno necessariamente
riviste», chiarisce
Fausto Casini, presidente nazionale
dell`Anpas, Associazione
nazionale pubbliche assistenze.
«La prima è che il nuovo ente sarà
una Aps, a livello nazionale,
mentre i comitati locali saranno
associazioni di volontariato
iscritte ai registri ex lege 266/91.
Nel testo si dice che le amministrazioni
pubbliche sono autorizzate
a stipulare convenzioni
"prioritariamente" con l`associazione,
di fatto violando il principio
di • eguaglianza sancito
dall`articolo 2 della Costituzione.
Si rischia di non rinnovare
convenzioni con altri soggetti
già operanti, perché la pubblica
amministrazione deve privilegiare
la Croce rossa. Un soggetto
privato non può avere queste
facilitazioni: o è in concorrenza
alla pari con gli altri enti, oppure
qualcosa non funziona».
Nella Croce Rossa Abruzzese avvengono delle irregolarità amministrativo-contabili. A denunciarle è il maresciallo Vincenzo Lo Zito, dipendente CRI, a compierle è la Presidente Maria Teresa Letta la quale ha anche provveduto al 2° Trasferimento per incompatibilità ambientale dello stesso. I fatti contestati dal maresciallo, toccano diverse sfere, dell’agire nella pubblica amministrazione ma attengono sempre alla stessa persona che vuole tutto sotto il suo controllo e la sua direzione.
martedì 27 novembre 2012
sabato 24 novembre 2012
Croce Rossa... Si chiede chiarezza sul Decreto di Riordino
presentata da
FRANCESCO PIONATI
martedì 20 novembre 2012, seduta n.720
martedì 20 novembre 2012, seduta n.720
PIONATI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, recante «Riorganizzazione dell'Associazione Italiana della Croce Rossa (CRI), a norma dell'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183», recentemente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (S.O. n. 245 dd. 19 ottobre 2012), sono state anche dettate norme modificative inerenti l'ex Corpo militare della Croce rossa italiana, ora denominato, ai sensi dell'articolo 5, «Corpo militare volontario»;
all'articolo 1, comma 2, primo periodo, del citato decreto legislativo, viene affermato che: «Dal 1o gennaio 2014 l'Associazione è l'unica Società Nazionale di Croce rossa autorizzata ad operare sul territorio nazionale quale organizzazione di soccorso volontario conforme alle Convenzioni di Ginevra del 1949, ai relativi protocolli aggiuntivi, di seguito denominati Convenzioni e Protocolli, ai principi fondamentali del Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, di seguito denominato Movimento, non che alle risoluzioni e decisioni degli organi del medesimo, utilizzando gli emblemi previsti e autorizzati dai predetti atti»;
sempre allo stesso articolo, al comma 4, nell'elencazione delle attività d'interesse pubblico cui l'Associazione della Croce rossa Italiana è autorizzata all'esercizio, figura al punto g): «svolgere attività ausiliaria delle Forze Armate, in Italia ed all'estero, in tempo di pace o di grave crisi internazionale, attraverso il Corpo Militare Volontario e il Corpo delle Infermiere Volontarie, secondo le regole determinate dal Movimento»;
a detta dell'interrogante, si evince, ictu oculi, che la condizione dettata dalla «Convenzione di Ginevra per migliorare la sorte dei feriti e dei malati delle forze armate in campagna» (detta 1a Convenzione di Ginevra del 1949) affinché il personale della Società italiana di Croce rossa possa godere delle guarentigie previste dalla stessa Convenzione è quella di sottoporre alle leggi e ai regolamenti militari tale personale;
all'articolo 5, comma 3, del citato decreto legislativo, si può leggere: «Il Corpo Militare Volontario, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 6, comma 1, è costituito esclusivamente da personale volontario in congedo, iscritto in un ruolo unico comprensivo delle categorie direttive dei medici, dei commissari e dei farmacisti, nonché della categoria del personale di assistenza. Il personale appartenente al ruolo di cui al primo periodo non è soggetto ai codici penali militari e alle disposizioni in materia di disciplina militare recate dai citati codici dell'ordinamento militare e relativo testo unico regolamentare, fatta eccezione per quelle relative alla categoria del congedo;
la non assoggettabilità appare di carattere generale; non si fa quindi una distinzione particolare per i periodi di richiamo in servizio, cosa che invece veniva fatta negli articoli 1653 e 1654 (per i periodi non in servizio, limitatamente al personale direttivo) del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), e che avvalorerebbe l'ipotesi di una modifica ordinamentale in tal senso. Sembrerebbe, quindi, dal tenore letterale della norma, che agli appartenenti al Corpo militare volontario vengano applicate sempre e soltanto (anche se richiamati in servizio) le disposizioni relative alla categoria del congedo. Ciò sarebbe anche avvalorato dal fatto che tale personale, se viene richiamato in servizio, non cessa (ovviamente) di appartenere a tale «ruolo unico»;
appare quindi di notevole importanza chiarire, ed eventualmente modificare, la norma sopra richiamata, per le notevoli ripercussioni che essa può avere a livello di 1a Convenzione di Ginevra del 1949;
analoga cautela pare ravvisarsi anche per il personale del Corpo delle infermiere volontarie;
all'articolo 1729 del Codice dell'ordinamento militare si prescrive che «Le appartenenti al Corpo delle infermiere volontarie della Croce rossa italiana sono assimilate di rango al personale militare direttivo contemplato dall'articolo 1626»;
purtroppo l'articolo 1626 parla della generalità del Corpo speciale volontario della Croce rossa italiana, e non in particolare del personale direttivo. Probabilmente ciò deriva dal fatto che, all'articolo 1 del regio-decreto 12 maggio 1942, n. 918, recante il «Regolamento per il Corpo delle Infermiere volontarie della Croce rossa Italiana» veniva affermato che «Le appartenenti al Corpo sono assimilate di rango al personale militare direttivo contemplato dall'articolo 1 del regio-decreto 10 febbraio 1936 n. 484, relativo al personale mobilitabile della Croce rossa Italiana;
l'assimilazione di rango al personale direttivo del Corpo militare volontario non si pensa possa essere interpretato, neanche estensivamente, con l'assegnazione del medesimo stato giuridico;
sono due concetti molto diversi: le IIVV della Croce rossa Italiana sono state assimilate di rango agli ufficiali per assegnare loro una maggiore considerazione e tutela, in tempi in cui le differenze di genere nella società erano molto marcate; altra cosa è l'assimilazione (se di «assimilazione» si possa poi parlare) allo stato giuridico di militare;
sarebbe, quindi, molto opportuno verificare ed eventualmente aggiornare le disposizioni anche per i due Corpi di infermiere volontarie;
il tutto per fare estrema chiarezza in un ambito che, specialmente in caso di conflitto o di grave crisi internazionale, non deve in alcun modo dar adito a dubbi interpretativi, per la sicurezza del personale volontario impiegato;
una delucidazione appare necessaria riguardo ai cappellani dell'ex Corpo militare della Croce rossa italiana, in quanto se si osserva l'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, si legge: «Il Corpo militare volontario, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 6, comma 1, è costituito esclusivamente da personale volontario in congedo, iscritto in un ruolo unico comprensivo delle categorie direttive dei medici, dei commissari e dei farmacisti, nonché della categoria del personale di assistenza»;
se ne deduce che tale personale dell'assistenza spirituale fa parte del personale direttivo del Corpo militare. Non ritrovandolo fra le categorie rimaste (al pari degli ufficiali contabili), se ne deduce che gli stessi non possano essere iscritti nel nuovo ruolo unico previsto dal qui sopra riportato articolo 5;
è da considerarsi il fatto che nel citato decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178 a far data dall'entrata in vigore del decreto il personale militare in servizio attivo viene «smilitarizzato» essendo assorbito tra il personale civile dell'ente/associazione è quindi evidente l'intento di «smantellare il Corpo» -:
quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere per affrontare le questioni sollevate in premessa;
se risponda al vero che l'assistenza spirituale nel nuovo Corpo militare volontario non potrà più essere svolta, costituendo un indubbio precedente di personale afferente (seppur indirettamente) alle Forze armate sfornito di assistenza spirituale. (4-18574)
con il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, recante «Riorganizzazione dell'Associazione Italiana della Croce Rossa (CRI), a norma dell'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183», recentemente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (S.O. n. 245 dd. 19 ottobre 2012), sono state anche dettate norme modificative inerenti l'ex Corpo militare della Croce rossa italiana, ora denominato, ai sensi dell'articolo 5, «Corpo militare volontario»;
all'articolo 1, comma 2, primo periodo, del citato decreto legislativo, viene affermato che: «Dal 1o gennaio 2014 l'Associazione è l'unica Società Nazionale di Croce rossa autorizzata ad operare sul territorio nazionale quale organizzazione di soccorso volontario conforme alle Convenzioni di Ginevra del 1949, ai relativi protocolli aggiuntivi, di seguito denominati Convenzioni e Protocolli, ai principi fondamentali del Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, di seguito denominato Movimento, non che alle risoluzioni e decisioni degli organi del medesimo, utilizzando gli emblemi previsti e autorizzati dai predetti atti»;
sempre allo stesso articolo, al comma 4, nell'elencazione delle attività d'interesse pubblico cui l'Associazione della Croce rossa Italiana è autorizzata all'esercizio, figura al punto g): «svolgere attività ausiliaria delle Forze Armate, in Italia ed all'estero, in tempo di pace o di grave crisi internazionale, attraverso il Corpo Militare Volontario e il Corpo delle Infermiere Volontarie, secondo le regole determinate dal Movimento»;
a detta dell'interrogante, si evince, ictu oculi, che la condizione dettata dalla «Convenzione di Ginevra per migliorare la sorte dei feriti e dei malati delle forze armate in campagna» (detta 1a Convenzione di Ginevra del 1949) affinché il personale della Società italiana di Croce rossa possa godere delle guarentigie previste dalla stessa Convenzione è quella di sottoporre alle leggi e ai regolamenti militari tale personale;
all'articolo 5, comma 3, del citato decreto legislativo, si può leggere: «Il Corpo Militare Volontario, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 6, comma 1, è costituito esclusivamente da personale volontario in congedo, iscritto in un ruolo unico comprensivo delle categorie direttive dei medici, dei commissari e dei farmacisti, nonché della categoria del personale di assistenza. Il personale appartenente al ruolo di cui al primo periodo non è soggetto ai codici penali militari e alle disposizioni in materia di disciplina militare recate dai citati codici dell'ordinamento militare e relativo testo unico regolamentare, fatta eccezione per quelle relative alla categoria del congedo;
la non assoggettabilità appare di carattere generale; non si fa quindi una distinzione particolare per i periodi di richiamo in servizio, cosa che invece veniva fatta negli articoli 1653 e 1654 (per i periodi non in servizio, limitatamente al personale direttivo) del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), e che avvalorerebbe l'ipotesi di una modifica ordinamentale in tal senso. Sembrerebbe, quindi, dal tenore letterale della norma, che agli appartenenti al Corpo militare volontario vengano applicate sempre e soltanto (anche se richiamati in servizio) le disposizioni relative alla categoria del congedo. Ciò sarebbe anche avvalorato dal fatto che tale personale, se viene richiamato in servizio, non cessa (ovviamente) di appartenere a tale «ruolo unico»;
appare quindi di notevole importanza chiarire, ed eventualmente modificare, la norma sopra richiamata, per le notevoli ripercussioni che essa può avere a livello di 1a Convenzione di Ginevra del 1949;
analoga cautela pare ravvisarsi anche per il personale del Corpo delle infermiere volontarie;
all'articolo 1729 del Codice dell'ordinamento militare si prescrive che «Le appartenenti al Corpo delle infermiere volontarie della Croce rossa italiana sono assimilate di rango al personale militare direttivo contemplato dall'articolo 1626»;
purtroppo l'articolo 1626 parla della generalità del Corpo speciale volontario della Croce rossa italiana, e non in particolare del personale direttivo. Probabilmente ciò deriva dal fatto che, all'articolo 1 del regio-decreto 12 maggio 1942, n. 918, recante il «Regolamento per il Corpo delle Infermiere volontarie della Croce rossa Italiana» veniva affermato che «Le appartenenti al Corpo sono assimilate di rango al personale militare direttivo contemplato dall'articolo 1 del regio-decreto 10 febbraio 1936 n. 484, relativo al personale mobilitabile della Croce rossa Italiana;
l'assimilazione di rango al personale direttivo del Corpo militare volontario non si pensa possa essere interpretato, neanche estensivamente, con l'assegnazione del medesimo stato giuridico;
sono due concetti molto diversi: le IIVV della Croce rossa Italiana sono state assimilate di rango agli ufficiali per assegnare loro una maggiore considerazione e tutela, in tempi in cui le differenze di genere nella società erano molto marcate; altra cosa è l'assimilazione (se di «assimilazione» si possa poi parlare) allo stato giuridico di militare;
sarebbe, quindi, molto opportuno verificare ed eventualmente aggiornare le disposizioni anche per i due Corpi di infermiere volontarie;
il tutto per fare estrema chiarezza in un ambito che, specialmente in caso di conflitto o di grave crisi internazionale, non deve in alcun modo dar adito a dubbi interpretativi, per la sicurezza del personale volontario impiegato;
una delucidazione appare necessaria riguardo ai cappellani dell'ex Corpo militare della Croce rossa italiana, in quanto se si osserva l'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, si legge: «Il Corpo militare volontario, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 6, comma 1, è costituito esclusivamente da personale volontario in congedo, iscritto in un ruolo unico comprensivo delle categorie direttive dei medici, dei commissari e dei farmacisti, nonché della categoria del personale di assistenza»;
se ne deduce che tale personale dell'assistenza spirituale fa parte del personale direttivo del Corpo militare. Non ritrovandolo fra le categorie rimaste (al pari degli ufficiali contabili), se ne deduce che gli stessi non possano essere iscritti nel nuovo ruolo unico previsto dal qui sopra riportato articolo 5;
è da considerarsi il fatto che nel citato decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178 a far data dall'entrata in vigore del decreto il personale militare in servizio attivo viene «smilitarizzato» essendo assorbito tra il personale civile dell'ente/associazione è quindi evidente l'intento di «smantellare il Corpo» -:
quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere per affrontare le questioni sollevate in premessa;
se risponda al vero che l'assistenza spirituale nel nuovo Corpo militare volontario non potrà più essere svolta, costituendo un indubbio precedente di personale afferente (seppur indirettamente) alle Forze armate sfornito di assistenza spirituale. (4-18574)
venerdì 16 novembre 2012
ASSEMBLEA LAVORATORI C.R.I.
ORMAI ABBIAMO FINITO LE PAROLE E UTILIZZATO OGNI AGGETTIVO PER DEFINIRE QUESTI VERTICI CHE HANNO CONDOTTO ALLA MORTE LA C.R.I. E CHE HANNO LUCIDAMENTE PROGRAMMATO IL LICENZIAMENTO DI 4000 LAVORATORI. ORA DOBBIAMO PASSARE DALLE PAROLE AI FATTI!! MARTEDÌ 20 NOVEMBRE 2012 DEVE ESSERE L’OCCASIONE PER UNIRE LE FORZE DI TUTTI I LAVORATORI (E CONFIDIAMO ANCHE DI TUTTE LE OO.SS.) PER TROVARE DELLE SOLUZIONI CHE CONTRASTINO QUESTI “SICARI” DELLO STATO SOCIALE. DOBBIAMO DIRE BASTA ALLO SFRUTTAMENTO DEI LAVORATORI, ALLA INSICUREZZA NEI POSTI DI LAVORO, AL TAGLIO DEI SERVIZI E AI RICATTI DEI PADRONI!!
- CONTRO LE IPOCRISIE DI CHI ADESSO SI BATTE IL PETTO E SI PENTE PER GLI “ERRORI” COMMESSI;
- CONTRO LE LACRIME DI COCCODRILLO DI CHI HA IDEATO UN DECRETO “AMMAZZALAVORATORI” E POI HA LA SPUDORATEZZA DI SFILARE E PROTESTARE CON LORO;
- CONTRO I SOPRUSI CHE QUOTIDIANAMENTE I LAVORATORI SONO COSTRETTI A SUBIRE; CONTRO LE FALSE OPPORTUNITÀ DI LAVORO CHE SERVONO SOLO A FAR CASSA ALLA C.R.I. E DARE VISIBILITÀ POLITICA A QUESTI IPOCRITI;
- CONTRO IL MANCATO RISPETTO DELLE PREVISIONI CONTRATTUALI.
PARTECIPATE ALL’ASSEMBLEA DEL 20/11/2012 DALLE ORE 11.30 ALLE ORE 14.00 PRESSO LA SALA AZZURRA DEL COMITATO PROVINCIALE DI ROMA (IV° PIANO)
118, BUFERA SULLA CROCE ROSSA
118, bufera sulla Cri: si aggiudica
il servizio senza gara e lo subappalta...
La Croce Rossa ha violato le clausole contrattuali, pubblicando bandi per l'affidamento in subappalto delle ambulanze. L'Ares ha bloccato i finanziamenti. Intanto i privati esclusi hanno presentato ricorso al Tar.
La sentenza attesa per il 20 novembre
IL PRECEDENTE Croce rossa-Ares, l’accordo del mistero
Aveva alimentato “legittimi sospetti” ancora prima di
essere siglata. Eppure nessuno avrebbe potuto immaginare che la
convenzione multimilionaria (quasi 20 milioni l’anno) tra l’Agenzia
regionale per l’emergenza sanitaria (Ares) e la Croce Rossa sarebbe un
giorno finita così: bloccata. A causare l’impasse una scoperta fatta
quasi per caso dall’Ares: la Croce Rossa ha violato le clausole
contrattuali, subappaltando il servizio per la gestione del 118 a
operatori privati.
I BANDI SUL WEB – È bastato fare un giro
sui siti internet dei vari comitati provinciali del Lazio per trovare
pubblicati, nero su bianco, i bandi di gara per l’affidamento delle
ambulanze. “Il problema – sottolinea il capogruppo del Pd alla Regione,
Esterino Montino – è che il contratto con la Regione vietava
espressamente il subappalto”. Il risultato è che oggi “il servizio
d’emergenza 118 è nel caos. La Direzione Ares ha contestato le modalità
operative scelte dalla Croce rossa e ha bloccato i finanziamenti
previsti”. È del tutto evidente infatti che, se la Regione avesse voluto
affidare il servizio a ditte private, l’avrebbe fatto direttamente.
Magari risparmiando ai contribuenti l’onerosa convenzione con la Croce
Rossa.
7 MILIONI IN PIÙ – Che quello raggiunto tra
l’associazione e l’agenzia regionale non fosse esattamente quel che si
dice un affare c’è chi lo sosteneva anche in tempi non sospetti. Su
tutti, il consigliere radicale Giuseppe Rossodivita. Che già nell’aprile
scorso, in un’interrogazione urgente rivolta a Renata Polverini (alla
quale non è mai stata data risposta), denunciava “la totale assenza di
trasparenza” del protocollo d’intesa. L’appalto per 45 postazioni è
stato infatti concesso alla Croce Rossa senza gara, dunque senza
possibilità di ribassi rispetto alla base d’asta: 19 milioni e 500 mila.
Mentre invece, secondo quanto appurato da Rossodivita, nei mesi in cui
il servizio è stato affidato ai privati (da ottobre 2011 a maggio 2012),
la Regione ha speso poco più di 1 milione di euro al mese. Dunque,
circa 13 milioni l’anno.
“L’EMBLEMA DEGLI SPRECHI REGIONALI”
– “Questa vicenda – commenta oggi il consigliere radicale – aiuta a
comprendere come mai, nonostante la Regione Lazio destini i due terzi
del bilancio alla sanità, i cittadini continuino a usufruire di un
servizio da terzo mondo. I soldi ci sono, ma vengono spesi in malo
modo”. Sotto accusa finisce in particolare la scelta di affidare “un
appalto così importante” (“si parla di 120 milioni in 6 anni”,
sottolinea Rossodivita) in forma diretta alla Croce Rossa. “Il bando di
gara – prosegue – è sempre il metodo più corretto per individuare il
contraente che offra il servizio migliore al prezzo economicamente più
vantaggioso per la pubblica amministrazione. Ovvero per i cittadini”.
ESPOSTI E RICORSI – Anche alla luce dei recenti sviluppi, il consigliere annuncia a Paese Sera
di essere pronto a presentare un esposto alla Corte dei conti e alla
Procura della repubblica. Nel frattempo le ditte private escluse dalla
convenzione a favore della Cri hanno già presentato un ricorso al Tar.
Sul quale il Tribunale amministrativo si pronuncerà tra poco meno di una
settimana: il 20 novembre. Si capirà allora – conclude Esterino Montino
– se “tutte le nostre contestazioni al progetto, imposto
dall’assessorato e dalla Polverini all’Ares, erano fondate”.
giovedì 15 novembre 2012
Croce Rossa, Assistenza Disabili....il SENATO SI INTERROGA
Legislatura 16
Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-08680
Pubblicato il 14 novembre 2012,
Pubblicato il 14 novembre 2012,
nella seduta n. 835
Premesso che:
la Croce Rossa Italiana (CRI), ente
pubblico non economico, opera nel campo dell'aiuto umanitario; è
presente dove vi è sofferenza, soprattutto dove la dignità dell'uomo è
ignorata;
il Comitato provinciale di Roma della CRI
gestisce, in convenzione con la Regione Lazio, il Centro di educazione
motoria (CEM), sito nella città di Roma, in Via Bernardino Ramazzini,
31, operativo dal 1956, che ospita circa 63 degenti, di cui 47
residenziali e 16 diurni;
il Centro rappresenta tuttora la punta
d'eccellenza nel campo dell'assistenza, essendo tra i più importanti in
Italia per la tipologia di sostegno diretto a persone con handicap molto
gravi, con disabilità psicomotorie; inoltre svolge servizi di
riabilitazione logopedica e neuropsicomotoria dell'età evolutiva e
servizi rivolti a pazienti con malattie neurologiche come ad esempio il
morbo di Parkinson;
premesso inoltre che a quanto risulta agli interroganti:
l'elevato impegno assistenziale e la
riduzione dei finanziamenti pubblici hanno prodotto nel bilancio
economico del CEM un disavanzo di circa 4 milioni di euro;
gli amministratori del Centro hanno fatto
il possibile per fronteggiare la grave crisi economica che ha colpito
la struttura, specialmente in questi ultimi tre anni. Il taglio delle
risorse, a parere degli interroganti drastico e scellerato, nel quadro
del piano di rientro per riequilibrare la sanità regionale, voluto dalla
Presidente della Regione Lazio Renata Polverini, ha ridotto del 30 per
cento il finanziamento previsto per il CEM, impedendo di fatto la
possibilità di mantenere in vita il Centro stesso;
tramite una lettera ufficiale del
Commissario provinciale di Roma della CRI, Flavio Ronzi, inviata
all'AGECEM (Associazione genitori centro di educazione motoria) veniva
comunicata l'impossibilità di assicurare la continuità dell'intera
struttura e l'approssimarsi di una traumatica chiusura entro il 31
dicembre 2012;
dal 6 novembre 2012 i ragazzi disabili
con le loro famiglie, angosciati dalle notizie di chiusura del Centro,
hanno, insieme ad associazioni, giornalisti, sindacati e politici,
occupato la struttura come gesto estremo per sensibilizzare l'opinione
pubblica e le istituzioni sulla barbarie che si sta profilando
all'orizzonte;
considerato che:
la CRI svolge servizi nel solo interesse
della salute della popolazione e, come ente pubblico, ha la possibilità
di ricevere l'affidamento diretto dei servizi in ausilio di enti
pubblici, nel quadro della normativa vigente relativa agli accordi tra
pubbliche amministrazioni;
il CEM ha da sempre garantito e mantenuto standard di
efficienza e qualità, dotandosi di personale altamente qualificato, che
svolge il proprio lavoro con professionalità, dedizione ed umanità;
attraverso organi di stampa si è appresa
la notizia, non ancora confermata da fonti autorevoli, che siano già
stati predisposti 10 posti letto per alcuni ragazzi del CEM in alcune
strutture riabilitative private/convenzionate, a sfregio di un contesto
di eccellenza già esistente, quale è il CEM,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a
conoscenza della drammatica situazione che sta colpendo il CEM di Roma e
che vede come protagonisti persone altamente disabili e famiglie al
limite della disperazione;
se non ritengano necessario ed urgente
adottare provvedimenti di competenza che favoriscano soluzioni per
scongiurare la chiusura del CEM, con gravi ripercussioni sui pazienti e
le loro rispettive famiglie;
se non ritengano di intervenire al fine
di verificare se in questa vicenda drammatica non sussistano atti di
sciacallaggio, nell'ambito dei quali interessi economici particolari
mirano a veicolare i pazienti da una struttura pubblica d'eccellenza,
quale il CEM, ad una struttura privata convenzionata.
domenica 11 novembre 2012
Sanità, bufera sulla Croce Rossa «Subappalta le ambulanze»
Venerdì gli ispettori dell’Ares (l’azienda della Regione che gestisce le
emergenza e il 118) hanno controllato un’ambulanza della Croce rossa
convenzionata. E hanno scoperto che non aveva fatto la revisione da un
anno e che l’assicurazione era scaduta.
L’Ares ha presentato denuncia ai carabinieri. Ieri mattina è stata la
stessa Croce rossa a comunicare che in un mezzo medicalizzato era finito
l’ossigeno. Sono solo due episodi che raccontano il rapporto complicato
tra l’Ares e la Croce rossa, che a Roma e nel Lazio gestisce 46
postazioni in convenzione. Ma proprio su questo contratto, che risale
all’estate scorsa, in questi giorni è iniziato un braccio di ferro.
LO SCONTRO
La direzione generale dell’Ares ha scoperto che la Croce rossa stava subappaltando il servizio ai privati. E ha fatto scrivere dall’avvocato una lettera di fuoco alla Cri per spiegare: questo non si può fare. Anche perché, come dice il buon senso, se il servizio doveva essere appaltato ai privati, allora poteva farlo direttamente l’Ares, che avrebbe così risparmiato dei soldi.
La storia comincia quest’estate. L’Ares in parte gestisce il servizio di emergenza con proprie ambulanze e proprio personale, in parte affida all’esterno la gestione di decine di postazioni delle ambulanze. Nel 2011 la Croce rossa aveva interrotto la precedente convenzione spiegando che non era sostenibile economicamente.
La direzione generale dell’Ares ha scoperto che la Croce rossa stava subappaltando il servizio ai privati. E ha fatto scrivere dall’avvocato una lettera di fuoco alla Cri per spiegare: questo non si può fare. Anche perché, come dice il buon senso, se il servizio doveva essere appaltato ai privati, allora poteva farlo direttamente l’Ares, che avrebbe così risparmiato dei soldi.
La storia comincia quest’estate. L’Ares in parte gestisce il servizio di emergenza con proprie ambulanze e proprio personale, in parte affida all’esterno la gestione di decine di postazioni delle ambulanze. Nel 2011 la Croce rossa aveva interrotto la precedente convenzione spiegando che non era sostenibile economicamente.
LA SPESA
Per alcuni mesi l’Ares, in forma provvisoria, chiede aiuto, senza un vero appalto, a società private che gestiscono ambulanze. Poi prepara un bando di gara per assegnare le 46 postazioni in maniera stabile ai privati. Valore del bando 19,3 milioni di euro, ma è chiaro che in una gara quella cifra può pure scendere. Interviene però la Regione e decide di fermare tutto: firma una convenzione diretta con la Croce rossa per 19,5 milioni di euro all’anno per sei anni, per 21 postazioni a Roma e provincia, più altre 25 nel resto del Lazio. La cifra riconosciuta alla Cri appare alta, se confrontata con quanto scritto inizialmente nel bando e anche con quanto, nei mesi di transizione, l’Ares ha pagato ai privati (almeno il 30-40 per cento in meno). Già su questa scelta ci sono perplessità e interrogazioni in consiglio regionale ad esempio dei Radicali. Non tornano i numeri.
Il problema, comunque, sembra risolto con l’affidamento del servizio alla Croce rossa. Fino a quando, a ottobre, la dirigenza del Ares 118 si accorge che sui siti internet dei vari comitati provinciali della Croce rossa italiana vengono pubblicati i bandi di gara per l’affidamento in subappalto della gestione delle ambulanze. Insomma, la Croce rossa affida il servizio a gruppi privati, facendo ciò che, puntando sui risparmi assicurati da una gara, avrebbe potuto fare direttamente l’Ares. Ad esempio, il comitato provinciale di Roma del Cri, il 19 ottobre, scrive un capitolato d’appalto per l’affidamento del servizio per un mese delle postazioni di Casal Palocco, Casilino, Cassia, Civitavecchia, Umanesimo, Eur, Fonte Nuova, Frattocchie, Guidonia, Lariano, Policlinico, piazza del Popolo, Prenestino, piazza della Repubblica, Santa Severa, Tor Pignattara, Vicovaro. Base d’asta 153 mila euro. La cosa divertente è che nel bando la Cri sottolinea l’assoluto divieto, per la ditta che si aggiudicherà il servizio, di subappaltarlo.
Per alcuni mesi l’Ares, in forma provvisoria, chiede aiuto, senza un vero appalto, a società private che gestiscono ambulanze. Poi prepara un bando di gara per assegnare le 46 postazioni in maniera stabile ai privati. Valore del bando 19,3 milioni di euro, ma è chiaro che in una gara quella cifra può pure scendere. Interviene però la Regione e decide di fermare tutto: firma una convenzione diretta con la Croce rossa per 19,5 milioni di euro all’anno per sei anni, per 21 postazioni a Roma e provincia, più altre 25 nel resto del Lazio. La cifra riconosciuta alla Cri appare alta, se confrontata con quanto scritto inizialmente nel bando e anche con quanto, nei mesi di transizione, l’Ares ha pagato ai privati (almeno il 30-40 per cento in meno). Già su questa scelta ci sono perplessità e interrogazioni in consiglio regionale ad esempio dei Radicali. Non tornano i numeri.
Il problema, comunque, sembra risolto con l’affidamento del servizio alla Croce rossa. Fino a quando, a ottobre, la dirigenza del Ares 118 si accorge che sui siti internet dei vari comitati provinciali della Croce rossa italiana vengono pubblicati i bandi di gara per l’affidamento in subappalto della gestione delle ambulanze. Insomma, la Croce rossa affida il servizio a gruppi privati, facendo ciò che, puntando sui risparmi assicurati da una gara, avrebbe potuto fare direttamente l’Ares. Ad esempio, il comitato provinciale di Roma del Cri, il 19 ottobre, scrive un capitolato d’appalto per l’affidamento del servizio per un mese delle postazioni di Casal Palocco, Casilino, Cassia, Civitavecchia, Umanesimo, Eur, Fonte Nuova, Frattocchie, Guidonia, Lariano, Policlinico, piazza del Popolo, Prenestino, piazza della Repubblica, Santa Severa, Tor Pignattara, Vicovaro. Base d’asta 153 mila euro. La cosa divertente è che nel bando la Cri sottolinea l’assoluto divieto, per la ditta che si aggiudicherà il servizio, di subappaltarlo.
L’EPILOGO
Analoghe gare sono state preparate dai comitati provinciale della Cri del resto del Lazio. A quel punto, la direzione generale dell’Ares decide di intervenire e invia una lettera alla Croce rossa per bloccare questa operazione. Il caso è destinato ad esplodere.
I gestori privati
delle ambulanze hanno anche presentato ricorso al Tar contro
l’affidamento diretto alla Croce rossa.
giovedì 8 novembre 2012
CROCE ROSSA... ASSEMBLEA LAVORATORI C.O.S.P.
NELLA GIORNATA DI MARTEDÌ
13 NOVEMBRE 2012
DALLE ORE 18.00 ALLE ORE 20.00,
LA UNIONE SINDACALE DI BASE HA INDETTO UN’ASSEMBLEA PRESSO I LOCALI DEL C.O.S.P., PER DISCUTERE INSIEME A TUTTI I LAVORATORI, DELLA NUOVA TURNAZIONE DECISA UNILATERALMENTE DAI GENI CHE POPOLANO IL COMITATO REGIONALE E PROVINCIALE.
QUESTE MENTI CONTAMINATE, CON LE LORO FOLLI DECISIONI, STANNO CAUSANDO DANNI INCALCOLABILI AI LAVORATORI, ALLE LORO FAMIGLIE E AI SERVIZI CHE, CON ESTREMA PRECARIETÀ, STIAMO EROGANDO ALLA CITTADINANZA.
I LAVORATORI SONO DIVENTATI PURA “MANOVALANZA” SENZA DIRITTI E SENZA PAROLA; ALCUNI DI LORO POSTI SOTTO RICATTO, PER L’ADESIONE AD UN CONTRATTO (INTERINALE) CHE LI VEDE COSTRETTI AL SILENZIO E ALLA SOTTOMISSIONE.
ALTRI LAVORATORI, SPAESATI E SCONCERTATI DI FRONTE A TANTA ARROGANZA E BRUTALITÀ, NON RIESCONO A TROVARE QUELLA INDISPENSABILE COESIONE UTILE A RESPINGERE, CON ALTRETTANTA DETERMINAZIONE, QUESTO PROGETTO FALLITO E FALLIMENTARE.
NON VOGLIAMO PARLARE DI ULTIMA SPIAGGIA, MA È DEL TUTTO EVIDENTE CHE SE NON C’È UNA REAZIONE UGUALE E CONTRARIA DA
PARTE DEI LAVORATORI (IN RISPOSTA A QUESTE INFAMIE E ILLEGITTIMITÀ), GLI STESSI LAVORATORI AVRANNO PERSO E NOI CON LORO.
PARTE DEI LAVORATORI (IN RISPOSTA A QUESTE INFAMIE E ILLEGITTIMITÀ), GLI STESSI LAVORATORI AVRANNO PERSO E NOI CON LORO.
NON CI SARÀ DATA ALTRA POSSIBILITÀ;
O SI PRENDE PIENA COSCIENZA CHE È ARRIVATO IL MOMENTO DI SOVVERTIRE UN SISTEMA DA “STRATEGIA DELLA TENSIONE”, O SAREMO COSTRETTI A SUBIRE PASSIVAMENTE TUTTO QUELLO CHE CI VIENE IMPOSTO.
PER QUESTO VI INVITIAMO A RIFLETTERE SULL’IMPORTANZA DELLA PARTECIPAZIONE E DEL CONFRONTO SU QUESTE IMPORTANTI TEMATICHE;
SOLO CON LA FORZA DELLA RAGIONE E DELLA RISOLUTEZZA, POSSIAMO TORNARE A FAR VALERE I NOSTRI DIRITTI E A PRETENDERE RISPETTO!
VI ASPETTIAMO UNITI E DETERMINATI.