martedì 27 novembre 2012

LA CRI PROVA LA VESTE PRIVATA


Con la pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale» dello scorso 19 ottobre, il decreto legislativo n.178/2o12 ha reso definitive le tappe della privatizzazione della Croce rossa italiana. Un provvedimento atteso da anni che, trasformando la Cri in soggetto privato e autonomo, di fatto torna alle origini. «Occorreva restituire la Croce rossa ai suoi soci», spiega Francesco Rocca, dal 2009 commissario straordinario dell`ente. «In Italia l`organizzazione ha avuto sempre un carattere di istituzione pubblica, di fatto modificando l`idea delle origini di un`associazione di volontari mobilitati per il soccorso dei feriti di guerra. La privatizzazione libererà energie e risorse, portando la Croce rossa a una nuova fase di piena autonomia, anche economica, che darà forza al lavoro dei 550 comitati locali». Un percorso analogo è già avvenuto in Spagna e in Canada con risultati ampiamente positivi in termini di efficienza e di disciplina nei bilanci. Ma per quan- o riguarda il riordino previsto per la Cri restano diversi nodi da sciogliere: c`è un rosso di 70 milioni di euro e per ripianare il debito il commissario straordinario non vede che due strade. La prima, che ha riscosso poco entusiasmo presso i soci, è di autotassarsi con un contributo straordinario, ma è una via poco percorribile visto che i comitati virtuosi non hanno nessuna voglia di accollarsi i debiti provocati da altri meno accorti e dalla gestione centrale. La seconda via è quella della dismissione patrimoniale: oggi la Cri possiede 1.40o immobili, alcuni di grande pregio, per cui basterebbe fare una selezione e decidere cosa mettere in vendita per ripianare il rosso. Spiega il commissario: «La decisione di alienare beni della Croce rossa dev`essere presa dall`assemblea: la sede di via Toscana a Roma per esempio, con i suoi 4mila metri quadri ha un valore sicuramente interessante, così come altri immobili. La scelta spetta ai soci». La via del risanamento passa dunque dall`autogestione e non da contributi pubblici. Ma le criticità con cui è alle prese la Croce rossa non finiscono qui. Per funzionare, i comitati hanno bisogno di personale, oltre che di volontari. Oggi sono 2.500 dipendenti assunti a tempo indeterminato e1.400 i lavora tori precari, per effetto delle convenzioni con enti pubblici. Sul loro destino il decreto parla chiaro. Il personale precario, legato a servizi in convenzione, dovrebbe passare alla nuova associazione, come puntualizza ancora Rocca, «purché sopravvivano i servizi convenzionati per i quali è sorto il rapporto. Non è stato possibile assumere i precari, perché legati alle convenzioni con il pubblico. Gli altri dipendenti, civili e militari, a:tempo indeterminato dovranno decidere entro il 31 dicembre 2015 se passare con la nuova associazione, nei limiti dell`organico provvisorio, oppure se rimanere dipendenti del vecchio ente». Per questi ultimi, a partire dal i ° gennaio 2016, potrebbe scattare la mobilità. Ai di- pendenti militari della Cri dovrebbe spettare una quota di 300 unità, quale corpo ausiliare dell`esercito. Soddisfatti della privatizzazione, ma scontenti su alcuni punti del decreto gli altri soggetti privati del soccorso: «Restano criticità che andranno necessariamente riviste», chiarisce Fausto Casini, presidente nazionale dell`Anpas, Associazione nazionale pubbliche assistenze. «La prima è che il nuovo ente sarà una Aps, a livello nazionale, mentre i comitati locali saranno associazioni di volontariato iscritte ai registri ex lege 266/91. Nel testo si dice che le amministrazioni pubbliche sono autorizzate a stipulare convenzioni "prioritariamente" con l`associazione, di fatto violando il principio di • eguaglianza sancito dall`articolo 2 della Costituzione. Si rischia di non rinnovare convenzioni con altri soggetti già operanti, perché la pubblica amministrazione deve privilegiare la Croce rossa. Un soggetto privato non può avere queste facilitazioni: o è in concorrenza alla pari con gli altri enti, oppure qualcosa non funziona».

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