sabato 25 giugno 2011

Il governo privatizza la Croce rossa ma i beni sono il capitolo più spinoso

Il comitato centrale resterebbe ente pubblico. 
Previste novità per le strutture locali


Rispunta l'ipotesi di privatizzare la Croce rossa italiana. Il dossier è nelle mani dei ministri della Salute, Ferruccio Fazio, e della Difesa, Ignazio La Russa, sotto la supervisione del sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta. L'operazione dovrebbe andare in scena nell'ambito della manovra sui conti pubblici, attesa per martedì prossimo al primo esame del consiglio dei ministri. 
Secondo quanto trapela, il comitato centrale della Cri resterebbe, unico nel quadro internazionale, ente pubblico, con compiti di coordinamento, prima assistenza e interventi in aree internazionali, e i comitati regionali e provinciali verrebbero invece trasformati in enti di diritto privato. Sono le strutture che operano sul territorio, quelle che concorrono al servizio di pronto soccorso e ad alcuni servizi di assistenza pubblica. Compiti che potranno essere ancora svolti ma non più sotto il cappello del pubblico. La Cri conta circa 1300 dipendenti di ruolo e 1600 precari, oltre al personale militare distaccato e ai volontari. Riceve contributi a vario titolo da quattro ministeri che dovrebbe ammontare a 170 milioni di euro l'anno e ha un patrimonio immobiliare considerevole. Un soggetto articolato in cui la gestione amministrativa e contabile è sempre stata complessa e i cui i bilanci in rosso, tra comitati centrali e provinciali, non sono mai stati risanati.
Uno degli effetti più immediati della privatizzazione delle strutture territoriali si avrà sul personale precario, i lavoratori assunti di volta in volta in base alle convenzioni che la Cri riesce a sottoscrivere con le Asl per i servizi sanitari. Lavoratori che hanno messo in piedi un contenzioso considerevole per la loro stabilizzazione. Ripetutamente il governo negli ultimi anni ha provato in provvedimenti vari a recidere il cordone che li lega allo stato. Alla luce del fatto che i comitati agiscono sul territorio in concorrenza con altri soggetti privati per l'affido della gestione dei servizi, senza avere certezze sulla prosecuzione dell'appalto.

Per il personale militare si prospetta un ritorno al ministero della Difesa.

Rimane poi il capitolo più spinoso, quello del bilancio della Cri, ovvero di come saranno riarticolati finanziamenti e cespiti immobiliari. 

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