giovedì 8 maggio 2014

La Croce Rossa senza lo Stato non sopravviverà..


  La Croce rossa ha 150 anni.
Ma senza lo stato non sopravviverà
 
 La riforma fatta nel 2012 che ne prevede la privatizzazione toglie 153 milioni di contributi statali. Impossibile per l'ente pioniere proseguire ad aiutare chi soffre 


«Tutti fratelli!», andava ripetendo Henry Dunant sulla piana fangosa di sangue dopo la cruentissima battaglia di Solferino. Da quella consapevolezza fondò il movimento internazionale di Croce rossa e nell’anniversario della sua nascita – 8 maggio – viene celebrata in tutto il mondo la Giornata mondiale della Croce rossa.

La Croce rossa italiana (tra i soci fondatori, come sempre partecipe ad avviare cose grandi), insieme ad altre 189 società nazionali di Croce rossa è impegnata – da allora e ogni giorno – ad offrire servizi tempestivi e risolutori in ogni tipo di crisi umanitaria: dalla più piccola, del singolo, a quelle internazionali, che siano guerre o calamità naturali.
La Croce rossa è origine e fondamento del Diritto internazionale umanitario, detto anche diritto dei conflitti perché perfino nella violenza delle guerre ci sono limiti imposti alla tutela dei più vulnerabili. Per l’opinione pubblica la Croce rossa Italiana è “un dato di fatto” e quindi l’apprezza ma non la conosce bene nella sua organizzazione e nelle sue funzioni.
Neanche il parlamento, affrontando il riordino di questa benemerita organizzazione ha suscitato un ampio dibattito che rendesse conto dei grandi meriti dei volontari nei 150 anni della sua presenza in Italia. Anzi, poco prima della caduta del governo Monti si è posto mano a una riforma che avrebbe dovuto trasformarla in associazione di diritto privato. Una riforma inadeguata e intempestiva proprio in un periodo in cui le crisi interne e internazionali avrebbero dovuto esigere una capacità di reazione che la Cri ha sempre dimostrato con il sostegno generoso della popolazione italiana. In quanto “ausiliaria dei poteri pubblici” sarebbe mobilitabile in maniera propria nella vicenda drammatica dei profughi.
Purtroppo, non si è tenuto in nessuna considerazione, innanzitutto, che la Croce rossa italiana, essendo un ente umanitario la cui maggioranza dei servizi è corrisposta gratuitamente o a prezzo dei costi vivi, non potrà sopravvivere a lungo senza il contributo dello stato (154 milioni di euro) a meno di far pagare a caro prezzo i suoi servizi. E se ne sono accorti gli stessi volontari della Cri che ne avevano auspicato la privatizzazione. Possibile, purché ben definita nei modi e nei compiti primari ed esclusivi affidati alla Cri, che deve rimanere ausiliaria dei poteri pubblici.
L’Agenzia delle entrate, peraltro, ha rifiutato ai Comitati Cri privatizzati dal 1 gennaio 2014 di usufruire del regime tributario di favore previsto per le Onlus poiché non godono di piena autonomia giuridica e gestionale. Inoltre, la Cri sta svendendo il patrimonio immobiliare per la fretta di ripianare i debiti prima della chiusura dell’ente pubblico. Lo stesso Tar del Lazio lo scorso aprile ha sospeso le procedure di privatizzazione fino al 29 ottobre.
Il personale dipendente della Cri dovrebbe, dal 1 gennaio del prossimo anno, essere posto in mobilità, senza alcuna garanzia di una nuova assegnazione e dopo due anni (con la prevedibile ansia di 4 mila famiglie) andrà a infoltire le schiere dei troppi disoccupati italiani.
In questi 150 anni la Croce rossa italiana è stata pioniera nel campo del soccorso, della salute e della solidarietà. Unica nel suo genere, sin dalla sua origine ha testimoniato, sempre, con i fatti, di essere all’avanguardia nel dare risposte efficienti nella lotta contro ogni forma di sofferenza.
È stata la prima a creare quello che oggi chiamiamo il soccorso di emergenza/urgenza sanitaria, con l’ambulanza, da cui poi è nato il Sistema 118, a creare un sistema di soccorso in protezione civile, da cui poi è nato il sistema di Protezione civile, è stata la prima a dare risposte nell’assistenza ai migranti, ai tossicodipendenti, ai poveri, ai senza fissa dimora, alle persone anziane etc.
L’8 maggio, dunque, è il giorno in cui gli operatori di tutto il Movimento vengono festeggiati e ringraziati dalle loro comunità per il lavoro appassionato e competente che svolgono a favore di quanti soffrono. Anche la Cri lo meriterebbe.





venerdì 2 maggio 2014

Croce Rossa, ci vuole la gara


    È il principio fissato nelle conclusioni    depositate ieri dall'Avvocato generale 
della Corte Ue, Nils Wahl (causa C-113/13)



Le regole Ue sugli appalti pubblici di servizi devono essere applicate anche se un'amministrazione si rivolge per il servizio di trasporto sanitario a associazioni di volontariato, come la Croce Rossa Italiana. 

 È il principio fissato nelle conclusioni depositate ieri dall'Avvocato generale della Corte Ue, Nils Wahl (causa C-113/13), che non lascia spazio a esclusioni della normativa comunitaria da parte delle amministrazioni aggiudicatrici. Anche quando si tratta di servizi di assistenza medica e di trasporto che comportano un semplice rimborso spese. Tanto più – osserva l'Avvocato generale, le cui conclusioni non sono vincolanti per Lussemburgo – che le associazioni di volontariato sono da classificare come operatori economici, pur non avendo un fine di lucro. Poco importa, infatti, per l'applicazione della normativa Ue sugli appalti, che l'ente non abbia fine di lucro e i servizi siano forniti da volontari non retribuiti. Ciò che conta è l'attività esercitata.

Di conseguenza, poiché i servizi di trasporto di emergenza e dei pazienti sono attività economiche svolte a titolo oneroso anche se sotto la forma «di mera copertura dei costi», le norme del Trattato sulla libera prestazione dei servizi e la direttiva 2004/18 sul coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere applicate.

Il Consiglio di Stato italiano ha posto un quesito pregiudiziale alla Corte di giustizia in relazione a una controversia tra una Asl e due cooperative che contestavano la concessione della fornitura di servizi di trasporto sanitario a due associazioni di volontariato, senza una gara di appalto. La legge regionale della Liguria prevede, infatti, che il trasporto sia assicurato direttamente dalle autorità sanitarie locali con mezzi propri o ricorrendo ad associazioni di volontariato o altri enti pubblici, «a fronte di un mero rimborso spese».

Una normativa che porta ad eludere le disposizioni Ue, malgrado la stessa Corte di giustizia abbia più volte precisato che gli Stati membri non possono introdurre restrizioni alla libertà di prestazione di servizi. È evidente che il mancato utilizzo di una gara di appalto conduce all'esclusione di operatori di altri Stati membri, eliminando ogni forma di concorrenza. Ma c'è di più. Per l'Avvocato generale, infatti, anche se un appalto non raggiunge una determinata soglia idonea a far scattare la procedura di aggiudicazione stabilita dal diritto dell'Unione, in presenza di un interesse transfrontaliero, «il diritto primario dell'Unione rimane applicabile». Con l'obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di rispettare le libertà fondamentali del Trattato e il principio di non discriminazione in base alla nazionalità. Anche tra associazioni senza scopo di lucro, favorendo un grado maggiore di concorrenza a tutto vantaggio del rapporto costi/efficacia. Così come non si può partire dal presupposto che le aziende con sede in altri Stati non possano fornire un servizio adeguato.


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