La Comunità Europea ha confermato un budget di 200 miliardi di euro
per finanziare programmi sociali a gestione diretta nel settennato
2014-2020. Secondo il Presidente nazionale di Croce Rossa Italiana,
Francesco Rocca, detti programmi sarebbero “azioni positive a valere su
tematiche affini e coerenti con la mission di Croce Rossa italiana”.
Paroloni a parte, il riferimento è ovviamente a sicurezza e tutela della
libertà, solidarietà e gestione dei flussi migratori, aiuti umanitari,
democrazia e diritti dell’uomo. Vari modi per dire che si possono
proporre tanti progetti per far fare cassa a CRI, ad esempio con gli
immigrati. Pertanto, con una ordinanza presidenziale datata 10 aprile,
la nuova “Croce Rossa spa” da il via all’arrembaggio.
Rocca conferisce
quindi al direttore generale, Patrizia Ravaioli, l’incarico di istituire
una “Cabina di Regia Programmi Comunitari a Gestione Diretta
2014-2020″.
La parola d’ordine è: guadagnare.
Nel dare le suddette disposizioni alla fidata Ravaioli, membro del
consiglio della Fondazione Vedrò di Enrico Letta dal 2005, il Presidente
– che l’ha nominata nel 2008, appena insediatosi da Commissario
straordinario – ricorda i principi cardine del nuovo ordinamento CRI.
Tra questi anche “il Principio Fondamentale di ‘Unità’ – si legge tra le
considerazioni dell’ordinanza – che prevede che nel territorio
nazionale non vi può essere che una sola associazione di Croce Rossa
aperta a tutti e con estensione della sua azione umanitaria all’intero
territorio”. Cioè, i comitati locali sono stati privatizzati ma se in
ballo c’è una torta da 200 miliardi di euro a cui rosicchiare fette la
Croce Rossa torna ad essere un tutt’uno.
Nel frattempo, però, è in atto
la svendita del patrimonio immobiliare, ora appunto privatizzato.
Patrimonio accumulato da Croce Rossa (pubblica) grazie anche a donazioni
e adesso svenduto in aste deserte e conseguenti ribassi da Croce Rossa
(privata o pubblica?).
Tutte attività volte a risolvere i problemi di
bilancio di una Associazione di pubblico servizio, sovvenzionata da ben
tre Ministeri, che allo stato attuale predilige i più competitivi
“volontari” con contratti precari al personale interno, militare e
stipendiato direttamente da uno dei tre Ministeri, quello della Difesa.
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