mercoledì 8 agosto 2012

La Croce Rossa Italiana entra nel mirino dello Stato come ente da “chiudere”


Sono Rossano Alberto Rosso.

Ho servito e servo la Croce Rossa Italiana in vari ruoli: dal 1957 come socio; dal 1980 come dipendente militare e civile. Sono recentemente andato in pensione. Mi sento in dovere sia come socio di questa Associazione, che come dirigente sindacale, di portare a conoscenza di chi tiene ed ama l’Idea che in Italia è rappresentata ed organizzata nella Croce Rossa Italiana, alcuni pensieri che non posso più trattenere nel mio intimo.
Per molti sono il Comandante Rosso, il papà degli OPSA e delle altre attività speciali (per qualcuno, è bene segnalare che prima di servire in Croce Rossa ero un ardito incursore della Marina Militare Italiana, da cui mi derivano determinate ampie competenze). Sono anche il funzionario della CRI che di recente è stato condannato dal Tribunale dell’Aquila per appropriazione indebita in quanto, in nome e per conto della Croce Rossa Italiana, mi sarei appropriato di medicinali veterinari per il valore di 2.500 € ovviamente cosa non vera ma già utilizzata dalla “squadra di governo dell’Ente per screditarmi”; non tratterò oltre questo argomento, in quanto è in corso l’appello. Chi volesse acquisire ulteriori notizie sul sottoscritto o togliersi qualche curiosità, può cercare su internet.
Come avviene ciclicamente da decenni, nel 2012 torna in auge la “riforma della Croce Rossa Italiana”, Associazione di cui non è necessario approfondire storia e importanza.
Ma facciamo un passo indietro. Il Governo della Repubblica Italiana, con la superficialità che lo caratterizza da quando al potere sono saliti i sessantottini, individua un inaccettabile consumo di denaro e di risorse economiche in capo ad un ente pubblico privo di una specifica delega operativa alle dipendenze politiche del governo stesso.
La Croce Rossa Italiana entra nel mirino dello Stato come ente da “chiudere” in quanto consumatore di denaro così da ottemperare sia alle promesse elettorali che alle indicazioni dell’Europa.
Per portare a termine questo compito viene selezionato l’avvocato Francesco Rocca, giovane “rampante”, nonché uomo “di destra”.
La storia CRI dell’avv. Rocca inizia anni addietro, come candidato a direttore generale, poi accantonato dall’allora Presidente Nazionale e/o dal Governo che invece lo investono della reggenza di uno dei vari dipartimenti della CRI (ottima idea! In quella posizione, l’avvocato Rocca accumula un ingente tesoretto di informazioni preziose per le successive operazioni di revisione/demolizione).
Dopo una breve parentesi al Comune di Roma, dove Rocca viene trasferito “d’ufficio a domanda” dai politici in carica, il cursus honorum di Croce Rossa del nostro prosegue.
Quando il Governo sancisce il commissariamento dell’ente C.R.I., Rocca, guarda il caso, vi ritorna, ma stavolta in qualità di Commissario Straordinario (nazionale).
Mandato di Rocca: “eliminazione totale delle spese per la C.R.I.”.
La contestuale nomina a direttore generale della (vera o presunta tale) artefice della privatizzazione dell’ente Nazionale per i Tumori, tale dottoressa Patrizia Ravaioli, fuga ogni dubbio sulle le effettive intenzioni del governo circa le sorti della C.R.I..
Lo zelo e la fedeltà dell’avvocato Rocca alla missione (impossibile?) affidatagli sono ormai facilmente valutabili alla luce di una serie di azioni ed atteggiamenti che propongo di seguito, senza pretesa di esaustività.
Smantellamento del Corpo Militare:
attacco diretto all’immagine del personale del Corpo, blocco delle attività, annichilimento del personale e tutta una serie di azioni svolte in modo sportivo ed arbitrario per ridurre ed anzi sfaldare la compattezza del personale del Corpo ed, in particolare, ostracizzare il pluriqualificato personale in congedo.
Ripristino, da un lato, di quella nomenclatura che guarda al Corpo Militare come la branca di una forza armata, e dall’altro, allontanamento di quel personale militare che “sente” il Corpo Militare come parte integrante della C.R.I..
Ciò allo scopo precipuo di creare separazione tra i volontari militari da un lato e tutti gli altri volontari dall’altro, evidenziando, tra l’altro, solo le negatività del personale militare dipendente incaricato di compiti civili di istituto. Azione mitigata solo da alcuni interventi da parte del Ministero della Difesa.
Neutralizzazione del Corpo delle Infermiere Volontarie:
azione analoga a quella svolta per il C.M., ma diversamente approfondita in quanto la reazione da parte delle IIVV è stata immediata e massiccia ed inoltre la componente bersaglio è numericamente inferiore rispetto al C.M. ed a tutte le altre.
Anche in questo caso sono state svolte azioni tese prevalentemente ad allontanare dal Corpo delle II.VV. le persone giovani ed operative, così da ridurre l’importanza e l’attualità stessa del Corpo.
Imbavagliamento del Personale dipendente:
emarginazione del patrimonio direttivo dell’Associazione estromettendo e sostituendo anziani dirigenti profondi conoscitori dell’ente con giovani appena transitati al livello corrispondente (facilmente manipolabili) e con soggetti provenienti da enti locali ed altri enti pubblici. Demotivazione ed emarginazione dei cosiddetti “senatori”, quei dipendenti anziani profondi conoscitori dell’Associazione che avrebbero potuto contribuire “seriamente” ad una riforma e non ad una liquidazione. Smantellamento diretto e/o indiretto di attività di eccellenza nel settore sanitario socio-sanitario e dell’emergenza.
Ipnotizzazione dei Volontari, del Soccorso, Donatori di Sangue, Sezione Femminile, Pionieri:
demagogica e sistematicamente condotta strategia di “imbonimento” per convincerli che ogni sua iniziativa è esclusivamente animata da un nobile intento: “ridare la CRI ai volontari” quali unici titolari e proprietari.
Alcune delle tattiche utilizzate per costruire la suddetta immagine benemerita:
  • I giovani vengono misteriosamente posizionati fuori dal commissariamento e graziati del privilegio di una gestione autonoma e democratica. Quale migliore strategia per evitare di ritrovarsi con dei giovani che protestano? E ancora, massima cura nel soddisfare, o mostrare di soddisfare, tutte le loro aspirazioni; creandosi un velo di “verginità” con gli organismi internazionali; 
  • Inserimento di non-Volontari ai vertici della componente VdS e assegnazione agli stessi di tutte le attività di rilievo senza tener conto delle professionalità e di eventuali danni per l’ente; un esempio per tutti: i soccorsi speciali, un tempo attività di livello altissimo e immagine prestigiosa, sono oggi affidati a personaggi che palesemente non dispongono di provate capacità professionali di eccellenza; tutti i professionisti del settore, anche se volontari, sono stati emarginati con l’evidente obiettivo di ridurre l’efficacia e di conseguenza l’immagine della C.R.I.; 
  • esternalizzazione di aspetti formativi tradizionalmente vanto e prerogativa della Croce Rossa con la conseguente perdita del know how interno e soffocamento di molte attività che trovavano un riconoscimento normativo esterno; 
  • deliberato e sistematico “sterminio” di tutti i “personaggi” rilevanti a livello culturale e politico, nonché ferventi soci dell’Associazione.
Tutto ciò per abbattere l’immagine pubblica dell’Associazione, per impedire alle organizzazioni sindacali e agli organi di rappresentanza, di difendere lo status di ente pubblico dell’Associazione, per innalzare un
muro tra le istanze del personale dipendente e quelle del personale volontario, così che non vi sia un fronte unico e compatto.
Ritengo che i volontari in possesso di una discreta conoscenza dell’Associazione e del mondo della Croce Rossa a livello pubblico nazionale ed internazionale possano agevolmente rendersi conto che perdere totalmente lo status pubblico è un danno irreversibile al loro volontariato.
Non è vero che negli altri paesi la Croce Rossa è privata, non tutti i paesi dispongono di leggi che identificano l’ente pubblico che è una categoria giuridica squisitamente italiana.
Non è vero, come surrettiziamente e abbondantemente divulgato, che negli altri paesi la Croce Rossa non dispone di personale inquadrato come la forza armata per operare a fianco della stessa; piuttosto gli altri paesi, rispetto al nostro, non dispongono di un’unica normativa. Nella nostra normativa le stellette asseverano il personale allo status militare, ma questo è infine ben altro dall’essere Forza Armata (si vedano le Convenzioni di Ginevra).
Non è vero che gli organismi internazionali della Croce Rossa hanno intimato che la C.R.I. cessi di essere quanto prima un ente pubblico; hanno semplicemente preteso che la C.R.I. non perda la sua indipendenza e che non venga arbitrariamente commissariata per ragioni politiche. Anzi nella recente Conferenza Internazionale del Movimento della Croce e Mezzaluna Rossa le Società Nazionali sono state invitate a ricercare sempre di più lo status di ausiliarietà ai pubblici poteri e servizi.
Sfugge anche alla nostra competenza la ragione giuridica precipua che ha portato il Consiglio di Stato ad esprimere un parere che dichiara il patrimonio dell’ente Croce Rossa Italiana “non pubblico”, parere la cui logica conseguenza è che la Croce Rossa Italiana oggi non è affatto un ente pubblico, ma bensì un ente speciale. Un ente speciale che gode, per certe funzioni quali come la gestione del personale, la gestione amministrativa, ecc. delle prerogative di un ente pubblico, ma che ente pubblico non è! E quindi il Governo non può “svendere” il patrimonio della C.R.I. per “aggiustare” i danni creati dai vari commissari nominati dal Governo stesso!
E questo parere forse ci indica l’essenza della vera strada da percorrere, un percorso peraltro già tracciato nelle norme di legge che hanno preceduto queste ultime:
Un ente CRI con un contratto specifico per il personale civile (come i Vigili del Fuoco) che non sia legato ad alcun altro contratto collettivo di lavoro/o comparto legato ad una pianta organica tabellare di cui una parte sempre in tabella organica di status militare per i Servizi di Mobilitazione, con un’amministrazione mista, dove la periferia venga gestita in modalità privatistica e le parti regionali e centrali con funzioni pubbliche e di controllo, vale a dire il controllo sia sull’amministrazione periferica che sull’eventuale gestione di fondi pubblici.
Certo è, che se si lascia “mano libera” ad un giovane rampante che cerca un futuro politico, la Croce Rossa Italiana verrà sacrificata sull’altare quale offerta votiva per tale aspirante al successo.
Sarà forse il caso che il futuro della Croce Rossa Italiana venga, almeno per tentativo, tracciato da tutti coloro che sono la Croce Rossa Italiana. Certamente una commissione che veda tutti rappresentati, formulerebbe soluzioni equilibrate e giuridicamente corrette, nonché di pubblico interesse.
 
Rossano Alberto Rosso




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